Venerdì 12 luglio ricorre l’anniversario della nascita dell’amato poeta, diplomatico e politico cileno, Pablo Neruda. Luca Salvi, ricercatore del dipartimento di Lingue e letterature straniere dell’ateneo scaligero, ha risposto ad alcune domande fornendo un quadro dettagliato della sua figura, tra poetica e attualità.
Perché Pablo Neruda rappresenta un caposaldo nella letteratura cilena e mondiale?
“Non si può accusare Gabriel García Márquez di aver peccato di esagerazione quando definiva Neruda «il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua». È un’opera, quella del cileno, che occupa infatti mezzo secolo di storia letteraria, dalla pubblicazione di Crepuscolario nel 1923 fino a Exortación al nixonicidio y alabanza de la revolución chilena, scritto nel gennaio del 1973, pochi mesi prima di morire. Una scrittura, insomma, che traghetta non solo la letteratura cilena ma quella ispanoamericana in generale nello spazio culturale complessissimo del XX secolo, aprendosi, per di più, a una dimensione globale che verrà coronata dal Premio Nobel per la Letteratura nel 1971″.
Quali sono le caratteristiche della sua poetica, in grado di renderlo tra i più amati?
“È difficile racchiudere l’eterogeneità della poetica nerudiana in definizioni e categorie. Si tratta di una letteratura che spazia infatti dalle avanguardie al realismo sociale, che si muove fra l’intimismo della poesia amorosa delle Venti poesie d’amore e una canzone disperata (1924), alla necessità di una scrittura esplicitamente civile e politica, come in Spagna nel cuore (1937), sulle vicende della Guerra Civile spagnola, o nel Canto generale (1950), opera ambiziosissima e monumentale che ricostruisce la storia latinoamericana nello spazio di più di 15.000 versi. Con ogni probabilità, è proprio questa capacità di modulare il discorso della poesia fino a renderlo il mezzo espressivo per eccellenza di ogni vicenda umana ad aver costituito la fortuna di Pablo Neruda”.
È ancora moderno o la poetica di oggi è molto diversa?
“Senza dubbio il mondo che la poesia nerudiana si è sempre sforzata di ritrarre, quella polarizzazione ideologica da Guerra Fredda che segna alcuni dei capitoli più importanti dell’attività letteraria del cileno, si è trasfigurato oggi in qualcosa di completamente differente. Ma gli esperimenti linguistici della sua opera, dai primi tentativi di rimodulazione del discorso surrealista, fino all’elaborazione di una nuova poesia epica per il XX secolo sono ancora modelli forti per la poesia ispanoamericana attuale. Credo che l’attualità di Neruda debba essere ricercata, però, soprattutto in quella personalissima visione, sempre promossa dall’autore, che riconosce la poesia non solo come mezzo espressivo, bensì come strumento imprescindibile di azione culturale e civile”.
Quale eredità ha lasciato?
“Ciò che ereditiamo da Neruda è soprattutto la visione di una letteratura dell’urgenza, di una parola che si pone ostinatamente in relazione con il mondo che la circonda. Una poesia, come avrebbe scritto egli stesso nelle Odi elementari (1954), «utilitaria e utile, / come metallo o farina, / disposta ad essere aratro, / attrezzo, / pane e vino, / disposta, Poesia, / a lottare corpo a corpo / e a cadere dissanguandoti»“.