Quando le scelte compiute in ambito scientifico possono dirsi eticamente corrette? Qual è la natura del rapporto tra etica e ricerca? A questi interrogativi ha provato a rispondere Mauro Ferrari, scienziato italiano dall’illustre carriera accademica internazionale che dal primo gennaio sarà a capo del Consiglio europeo della ricerca, all’interno della conferenza Dialoghi sull’etica della ricerca tenutasi lunedì 16 dicembre al polo Zanotto. Referente dell’iniziativa Luigina Mortari, docente di Pedagogia generale e sociale al dipartimento di Scienze umane.
Conoscenza, motivazione e amore. Questi i tre pilastri della scienza secondo Mauro Ferrari, che nel suo intervento ha evidenziato come l’etica sia l’unica vera guida della ricerca scientifica. “Noi accademici siamo molto a nostro agio a parlare di conoscenza, ma iniziamo ad avere difficoltà quando cominciamo a confrontarci con le nostre emozioni. Ma come possiamo essere a disagio se, in fondo, le emozioni sono alla base della nostra motivazione e delle decisioni che prendiamo? – ha osservato lo scienziato. Dobbiamo imparare a confrontarci con il nostro mondo emozionale, perché è la fiamma che ci aiuta a tenere vivo lo scopo della nostra professione: aiutare chi ha bisogno”.
Che si parli di telemedicina o di computing quantistico, dunque, l’anello di congiuntura tra etica e scienza per Ferrari è l’amore. Impegnato principalmente nella ricerca sulle nanotecnologie e nel campo della bioingegneria applicate in medicina, ha commentato: “Siamo di fronte a scoperte che possono costituire una svolta, in ambito medico e non solo, ma tali traguardi richiedono necessariamente nuovi concetti di etica, a partire dall’accesso ai dati e alla tutela della privacy, forme di rispetto della persona”.
Presidente del Houston Methodist Research Institute negli Stati Uniti, Ferrari si è distinto per l’impegno nel portare le ricerche dal laboratorio al paziente nel tempo più breve possibile, grazie alla collaborazione dei più importanti scienziati del mondo che hanno condotto ricerche di grande impatto per la vita dei pazienti nel campo della nano e microtecnologia biomedica, in particolare per quanto riguarda il rilascio dei farmaci e il trapianto cellulare.
“La barriera più importante allo sviluppo è il mancato coinvolgimento della comunità, da cui proviene una parte significativa della conoscenza. – ha concluso Ferrari. – Del board al Methodist Research Institute sono parte attiva tre pazienti oncologiche, e sono convinto che solo da questa condivisione di conoscenze ed esperienze di vita possiamo fare dei passi in avanti nella ricerca senza dimenticare ciò che è veramente importante, ossia l’amore e l’attenzione per la persona”.