“Oggi ribattezziamo l’edificio Atrium e lo intitoliamo allo scrittore austriaco Stefan Zweig come piccolo segno della nostra riconoscenza verso un uomo che con le sue opere, il suo pensiero e la sua filosofia prima di ogni altro ha dato vita al sogno europeo, influenzando generazioni di pensatori, politici, artisti e cittadini europei”. Così David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha introdotto la cerimonia d’inaugurazione tenutasi giovedì 12 dicembre a Bruxelles. All’evento ha partecipato Arturo Larcati, docente di Letteratura tedesca al dipartimento di Lingue e letterature straniere dell’ateneo scaligero, in qualità di direttore del Centro studi Stefan Zweig di Salisburgo, Austria.
Dopo edifici intitolati a personaggi del mondo politico – Altiero Spinelli, Willy Brandt, Helmut Kohl – per la prima volta un palazzo del Parlamento europeo prende il nome di uno scrittore. “Ho avuto l’onore di prendere parte alla cerimonia d’inaugurazione durante la quale l’Atrium del Parlamento europeo ha ufficialmente preso il nome di questo importante scrittore che, come nessun altro, si è impegnato per l’Europa” ha commentato Arturo Larcati.
Traumatizzato dalla tragedia della prima guerra mondiale, negli anni Venti e Trenta Stefan Zweig ha sviluppato il suo progetto di pace. Con il suo lavoro voleva contribuire a un’Europa dello spirito. “Era un appassionato oppositore di tutte le forme di nazionalismo, definiva il nazionalismo ‘la peste dell’Europa’ perché porta alla demarcazione, all’ostilità e, prima o poi, alla guerra” ha proseguito Larcati.
Già nel 1932 Zweig parlava dell’utopia degli Stati uniti d’Europa, usava il termine ‘nazione europea’ e faceva appello ai governi affinché sviluppassero una politica economica, educativa e sociale comune. “Questa era anche una posizione contro i regimi autoritari emergenti e, naturalmente, la sua risposta al fascismo e al nazismo”, ha spiegato Larcati. “Oggi Zweig è ancora attuale in molti dei suoi discorsi – ha concluso il docente – dove si difende con veemenza dal fanatismo politico, dalla cultura dell’odio, perché anche lui ha riconosciuto che risolvere i grandi problemi che ci attendono, nel mondo e in Europa, può essere fatto solo insieme, non con la delimitazione reciproca”.