Stiamo sperimentando una pesante limitazione delle libertà personali dettata dal Coronavirus. Quali sono i rischi civili e politici legati a questa situazione? Lo abbiamo chiesto a Francesco Palermo, docente di Diritto pubblico comparato al dipartimento di Scienze giuridiche.
Ritiene che le riforme portata avanti finora si siano dimostrate adeguate a gestire la pandemia?
Al pari di molti altri, l’ordinamento italiano era impreparato sul piano normativo, come su quello sanitario. La risposta è stata adeguata nel merito, e complessivamente efficiente, nonostante le incertezze iniziali. Manca però un sistema di garanzie costituzionali per gestire queste situazioni, bilanciando rapidità ed efficienza da un lato e diritti fondamentali e principio democratico dall’altro. Tra i diritti ci sono anche quelli di natura sociale, come lavoro e sviluppo economico, che se compressi eccessivamente rischiano di produrre danni forse anche maggiori dell’epidemia.
Siamo il Paese più duramente colpito dal virus in Europa: sarà utile per gli altri Paesi il nostro esempio nella scelta delle politiche da intraprendere?
Il “modello italiano” di reazione è stato seguito quasi ovunque. La disciplina e l’organizzazione della protezione civile italiana sono tra le più avanzate al mondo. Resta però problematica – ma non solo in Italia – la garanzia dei diritti di fronte a queste emergenze. Nel giro di poche settimane in gran parte del mondo si è prodotta la più grande limitazione di massa dei diritti fondamentali in assenza di un’adeguata base giuridica, per il semplice motivo che era la cosa giusta da fare. Ma questo deve far riflettere sulla solidità dei presidi costituzionali di libertà e deve indurre ad approntare soluzioni adeguate.
Quali saranno i cambiamenti significativi che possiamo attenderci dall’esito di questa crisi?
Molti Paesi, e si spera anche l’Italia, affineranno le tecniche costituzionali per la gestione delle emergenze. In particolare disciplinando in modo più dettagliato le procedure per rispondere efficacemente ad analoghe situazioni senza che ciò avvenga nella penombra della costituzione, come finora in massima parte è accaduto. Alcuni ordinamenti hanno già a disposizione tecniche costituzionali più adeguate, che garantiscono ad esempio che sia il Parlamento, con maggioranze qualificate, a decidere quando si è in emergenza e quando non lo si è più. O come disciplinare meglio i rapporti tra Unione europea, Stato e Regioni in queste situazioni. Senza queste garanzie crescono i rischi di perdere diritti essenziali in modo permanente, non solo per qualche settimana. In alcuni Stati si vedono già delle derive autoritarie.