Con l’arrivo del coronavirus ci siamo trovati catapultati in un intreccio affollato fatto di insicurezze, tesi complottiste, pareri contrastanti in ambito medico e scientifico. Ne abbiamo discusso con Carlo Lottieri, docente di Filosofia del diritto al dipartimento di Scienze giuridiche.
La paura è stata un elemento su cui i partiti hanno spesso fatto leva per scopi elettorali, ma oggi sta assumendo un aspetto nuovo. Che tipo di rapporto ritiene si stia delineando tra paura e potere?
Le crisi – si tratti di una guerra o di una pandemia – sono fasi storiche durante le quali il potere è in grado di dilatarsi velocemente e non è detto che quando l’emergenza finisce esso rientri nel proprio alveo. Per giunta, lo Stato sovrano si è sempre affermato a partire dalla paura: fin dai tempi di Thomas Hobbes. Dobbiamo invece gestire la paura, sapendo pure che è opportuno nutrire un ben giustificato timore dello Stato, specie quando si presenta come benevolente.
Che relazione si va realizzando tra la comunità scientifica e le istituzioni giuridiche?
Da sempre il diritto ha bisogno di poggiare sulla conoscenza scientifica: su esperti e periti. Abbiamo però bisogno di riconoscere la pluralità delle ipotesi scientifiche, senza identificare la scienza con questo o quell’apparato. Fatalmente ognuno di noi si è messo ad ascoltare virologi ed epidemiologi, che però – ma è normale che sia così! – hanno talora formulato idee contrastanti.
È un rapporto che merita di essere preservato anche una volta terminata l’emergenza?
Le scienze mediche, così come quelle giuridiche o di altro tipo, sono sempre entro un fecondo processo di confronti e dialoghi. Bisogna che questa vitalità dei diversi universi sia salvaguardata e che non si creda possa esistere un qualsiasi istituto (Oms, Iss, ecc.) in grado di formulare la risposta definitiva ai nostri problemi. Ad esempio, quando talune autorità scientifiche hanno invitato a non usare le mascherine e a non fare tamponi, hanno sbagliato. C’è bisogno quindi di una scienza viva e plurale, così come c’è bisogno di un quadro istituzionale competitivo, dove ognuno adotti soluzioni adeguate alla propria realtà.
Quale spazio ritiene debbano avere i diritti individuali in questa situazione di crisi straordinaria?
Con l’arrivo del coronavirus ci siamo trovati in una situazione difficile, che ha spiazzato il diritto. Questo perché non sappiamo quali nostri comportamenti siano tali da poter causare un qualche danno ad altri (diffondendo il virus e quindi, talora, anche provocando la morte) e quali no. In questa condizione, diritti fondamentali – da quello di movimento a quello di intrapresa – sono stati confiscati. Bisogna che appena possibile si ripristino le nostre libertà più care.