Il Coronavirus ha svelato numerosi limiti che caratterizzano il nostro sistema: dalla disponibilità delle infrastrutture informatiche alle competenze nell’utilizzo e gestione efficace della tecnologia in ambito lavorativo. Limiti che possono rivelarsi occasioni di crescita, come spiega Lapo Mola, docente di Organizzazione aziendale al dipartimento di Economia aziendale.
Questa crisi ci ha dimostrato quanto i mezzi informatici siano sempre più fondamentali nel quotidiano. Alla luce dell’importanza che il lavoro digitale ha assunto, che tipo di risorse crede sia necessario implementare?
L’attuale crisi ha messo in evidenza alcuni limiti del nostro sistema economico-sociale e del nostro rapporto con la tecnologia. Il primo limite è infrastrutturale e riguarda la possibilità di accedere alle risorse informatiche. È emersa l’importanza dell’accesso ad una rete stabile e veloce quale primo requisito per evitare l’esclusione dalla vita sociale ed economia. In Italia la rete non copre in maniera omogenea il nostro territorio, e questo, a mio avviso, rappresenta un tema che dovrà essere preso in seria considerazione in futuro con azioni di politiche industriali dove la digitalizzazione rappresenti il cuore delle future strategie di sviluppo. Un secondo limite è legato agli strumenti necessari per accedere alla rete. Diamo per scontato che ciascuno di noi, in casa, abbia uno strumento adeguato per connettersi ed operare in rete: dai bambini che ne hanno bisogno per le lezioni on-line, agli adulti per svolgere le loro attività lavorative a distanza. La mia impressione è che, in questo momento, ci si stia inventando soluzioni per gestire l’emergenza…facendo di necessità virtù. Anche qui si rende necessaria una riflessione sul ruolo delle tecnologie digitali nel nostro quotidiano e sui modelli che vogliamo progettare e implementare. Questa situazione d’emergenza pone sul tavolo una serie di temi quali gli investimenti pubblici e privati sulla qualità dell’infrastruttura, i costi privati per l’accesso all’infrastruttura, il superamento del cosiddetto digital-divide.
Il coronavirus ci ha posto davanti a molti dei nostri limiti in diversi ambiti: quali crede sia necessario superare per migliorare lo smart working?
Credo che parlare di smart working in questo momento non sia del tutto corretto. Quello che sta avvenendo è che molti lavoratori hanno cercato di gestire le emergenze dalle loro abitazioni. Lo smart working, infatti, è profondamente diverso poiché richiede una radicale riprogettazione dei processi organizzativi, del sistema di misurazione delle performance, sia individuali che collettive, nonché il ripensamento delle pratiche e del sistema di relazioni.
Le faccio un esempio. Prendiamo una riunione tre o più persone. Se la riunione viene fatta a distanza, bisogna seguire regole precise, altrimenti l’efficacia dell’evento ne sarà profondamente compromessa. La riunione inizia ben prima del collegamento. Deve essere preparata in anticipo, con un ordine del giorno preciso e delimitato, coerente con il tempo allocato (di solito 30 o 60 minuti). L’ordine del giorno deve prevedere non solo i temi da trattare ma anche il tempo da dedicare a ciascun tema. Giunti al momento della riunione, è necessario che tutti si presentino all’ora stabilita. La puntualità è fondamentale. Cinque minuti di ritardo sono un’eternità. Inoltre, ci si deve presentare avendo già effettuato le prove di connessione per essere sicuri che non si perdano tempo e concentrazione sui problemi tecnici. Coordinare gli interventi e i tempi è cruciale. La riunione telematica ha bisogno di un moderatore, che dia la parola ai partecipanti e gestisca i singoli interventi, e di un “time keeper”, qualcuno che scandisca il tempo allocato a ciascun tema e a ciascun intervento e, se necessario, tolga la parola. Meglio se si tratta di due persone diverse. Alla fine della riunione è necessario che il coordinatore faccia la sintesi dell’incontro condividendo i risultati della riunione: le decisioni prese e le modalità di esecuzione. Infine, poiché i partecipanti dovranno dare seguito alle decisioni in maniera autonoma l’uno dall’altro, è necessario che tutti ricevano una sintesi scritta della riunione con compiti assegnati e tempi di esecuzione e consegna.
L’uso delle tecnologie digitali impatta sui comportamenti e richiede un investimento in formazione e una responsabilizzazione dei singoli. Così come per le riunioni, tutte le attività che si vogliono portare fuori dai confini fisici dell’azienda richiedono una riflessione profonda su come la tecnologia impatti sui compiti e sulle relazioni. Uno sforzo culturale che, forse, spiega, almeno in parte, il perché sino ad oggi molte aziende abbiano avuto un atteggiamento scettico nei confronti del lavoro a distanza. Ciò si verifica soprattutto nelle organizzazioni di piccole dimensioni, dove alcuni studi mostrano la tendenza di associare lo smart-working alla perdita di controllo sui collaboratori e sui processi.
Quali degli strumenti adoperati in questo periodo di crisi per gestire il lavoro prevede rimarranno quando la nostra vita quotidiana riprenderà?
In questo momento molti di noi si sono affidati alle piattaforme disponibili, quali Zoom, Google meeting, Google doc, Microsoft team, Skype ecc. Abbiamo imparato a familiarizzare con strumenti di collaborazione a distanza. Ma questi strumenti pongono dei seri problemi in termini di sicurezza e privacy. Simili problemi non possono essere sottovalutati, soprattutto quando, di queste applicazioni se ne fa uso professionale. È fondamentale quindi, progettare un ambiente sicuro e controllato. Non si tratta soltanto di usare degli strumenti ma di sviluppare competenze. Competenze multidisciplinari perché riguardano sia l’aspetto tecnologico, ma soprattutto quello organizzativo e legale. Oggi siamo in una situazione di sopravvivenza, cerchiamo di garantire la cosiddetta “business continuity”, ossia la possibilità di continuare a svolgere le attività contenendo, per quanto possibile i danni. Ciò è stato fatto attivando, nel giro di poche ore, nuove modalità di lavoro. Devo dire che la velocita di reazione e adattamento è stata, in molti casi, stupefacente. Domani dobbiamo capire come vogliamo lavorare e, quindi, avviare una riflessione seria sugli strumenti e sulla loro integrazione nelle diverse realtà organizzative.
La digitalizzazione di alcune attività lavorative ha dato modo all’Italia di rallentare senza fermarsi completamente: ritiene che ciò sarà utile anche nella ripresa “post-pandemia”?
La situazione attuale ha messo in luce una serie di carenze che, paradossalmente, rappresentano una grande opportunità. Ci sono investimenti da fare. Dalle infrastrutture, alle piattaforme alle applicazioni. Abbiamo l’opportunità di ripensare e riprogettare interi processi organizzativi e produttivi. Pensiamo a cosa è successo al sito dell’Inps in occasione dell’apertura della sezione per l’invio delle domande per l’ottenimento del bonus di aprile. Molti dei servizi possono essere completamente digitalizzati e gestiti in modo automatico senza creare situazioni di picco che mette in crisi i sistemi. Allo stesso modo si pensi al sistema di erogazione delle pensioni. Le file per ritirare la pensione non hanno senso. Ma questi sono solo due esempi. Anche nel sistema sanitario ci sono ampli spazi di razionalizzazione, dal monitoraggio a distanza dei pazienti cronici, alla de-burocratizzazione delle attività dei medici di base. Per quanto riguarda il settore privato, poi, si aprono grandi possibilità per implementare nuovi modelli di business. Si consideri che, in questi giorni, le uniche possibilità di scambio sono quelle legate all’e-commerce. Gli spazi di crescita in questo ambito sono ancora ampi, soprattutto per le micro-imprese. Ma per sostenere lo sviluppo dell’e-commerce è necessario ripensare i modelli di distribuzione e consegna, soprattutto quelli a breve raggio. Penso che l’attuale emergenza abbia, nella drammaticità degli eventi da essa causata, messo in luce una serie di limiti del nostro sistema socio-economico. Questi limiti possono rappresentare un’opportunità per il rilancio della nostra economia secondo logiche nuove e più sostenibili.