La notizia ha fatto il giro del mondo alla stessa velocità con cui si è diffuso il virus: è morto lo scrittore Luis Sepúlveda, stroncato dal Covid-19.
Cileno, naturalizzato francese, da anni lo scrittore viveva con la moglie – la poetessa Carmen Yáñez – nella regione spagnola delle Asturie ed era stato ricoverato all’ospedale di Oviedo alla fine di febbraio. È stato uno dei primi casi di contagio da nuovo coronavirus in Spagna. La sua battaglia contro la malattia è durata poco meno di due mesi.
Era nato nel 1949. Autore di una ventina di romanzi, è stato anche regista, sceneggiatore, uomo di teatro, giornalista. Da alcuni suoi libri sono state tratte pellicole di grande successo: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, girato da Enzo D’Alò, è il film d’animazione italiano più visto di sempre. La vicenda della gabbianella che cresce grazie alle cure dell’altro, del diverso, è una delle grandi lezioni d’integrazione e d’amicizia che ci ha lasciato Sepúlveda, una storia attuale di solidarietà e coraggio. Gli stessi temi innervano “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, da cui Rolf de Heer ha tratto un film che ha per protagonisti gli indios Shuar della foresta amazzonica, con i quali Sepúlveda era entrato in contatto grazie a una spedizione dell’Unesco finalizzata allo studio dell’impatto dell’Occidente sulla popolazione indigena.
Il respiro di quei popoli, che avevano resistito alla dominazione Inca e spagnola, Sepúlveda lo conosceva bene. Sin da giovane ne aveva inalato gli odori delle terre bagnate dalla pioggia, arse dal sole o spazzate dai venti. Sulla sua pelle aveva pure sentito il fiato soffocante della dittature e quello inebriante delle rivoluzioni.
Nipote di un anarchico spagnolo condannato a morte, che aveva trovato riparo in Cile, Sepúlveda era entrato nelle fila dell’esercito di liberazione in Bolivia diventando membro della guardia personale di Salvador Allende. Venne arrestato e torturato a seguito del colpo di stato del settembre 1973 di Augusto Pinochet, poi liberato anche grazie alle forti pressioni di Amnesty International. È stato militante delle brigate sandiniste in Nicaragua e ciò spiega perché le sue storie di viaggi e di popoli, sorretti da un’evidente vena favolistica, siano attente alle tematiche ecologistiche e allo stesso tempo alle inquiete riflessioni sul mondo contemporaneo, così come emerge nella sua ultima opera “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa” che narra la devastazione e la crudeltà gratuita dei balenieri dal punto di vista dell’animale perdente.
L’itinerario di questo errabondo scrittore tra i Paesi del Sudamerica e dell’Europa è di una coerenza estrema: da militante dei grandi sogni che visitavano le terre sudamericane degli anni Settanta, all’impegno civile e politico come attivista per anni al fianco di Greenpeace.
L’aspetto più bello della letteratura, secondo Sepúlveda, stava nel poter condividere emozioni e sensazioni, nel dare voce ai perdenti. Lo ha fatto con una scrittura semplice e suoi racconti sono simili a vere e proprie parabole. Riattraversare la sua vita evoca i grandi temi degli ultimi decenni del Ventesimo secolo e dei primi due decenni del Terzo millennio: le dittature sudamericane, i sogni di un mondo di uguali e liberi, la paura del diverso, l’esilio, il bisogno di rispetto e solidarietà tra i popoli, la salvaguardia del pianeta. Anche la sua morte, dopo settimane di ostinata battaglia contro il virus, è testimone del dramma dei nostri giorni.
Felice Gambin, docente di Letteratura spagnola e delegato all’Internazionalizzazione dell’università di Verona