Nonostante costituisca da tempo oggetto di studio in ambiti disciplinari trasversali, dalla scienza economica, al management fino alle neuroscienze, si può ritenere che la propensione individuale al rischio rappresenti ancora, per molti versi, una “scatola nera”. Alessandro Bucciol e Luca Zarri, docenti del dipartimento di Scienze economiche dell’ateneo, diretto da Giam Pietro Cipriani, hanno ampliato lo spettro d’indagine curando, assieme a colleghi della Miami University e della City University di Londra, un numero speciale del Journal of Economic Psychology sul tema.
Concentrandosi sulla relazione che intercorre tra le esperienze di vita vissuta e la propensione al rischio di ciascuno, lo studio ha posto in risalto quei fattori di natura ambientale tradizionalmente non considerati dalla scienza economica. Si tratta di elementi che, seppur in via indiretta, contribuiscono a plasmare atteggiamenti e comportamenti del consumatore, arrivando a toccare sfere e contesti di scelta tangenziali o molto distanti tra loro.
“Passare attraverso esperienze forti e potenzialmente traumatiche come una guerra, un terremoto o un lutto grave spesso influisce in maniera rilevante sulla propensione al rischio di chi le ha vissute, in diversi casi portando a scelte più prudenti rispetto a prima. Inoltre, questi effetti si mostrano tutt’altro che effimeri, ripresentandosi nel lungo periodo”, commentano Bucciol e Zarri.
“Riteniamo che l’emergenza epidemiologica che stiamo vivendo in questi mesi renda ancora più attuali simili quesiti di ricerca. I risultati di questo filone di studi possono contribuire a fare luce anche sulle conseguenze che una situazione drammatica e inattesa come quella del coronavirus può produrre sulla propensione al rischio delle persone”.
Il numero speciale ospita sei lavori empirici che affrontano il tema illustrato avvalendosi di metodologie di analisi differenti e prendendo in esame sia campioni di soggetti che vivono in Paesi economicamente avanzati sia lavoratori da Paesi in via di sviluppo.