Una ricerca, in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato ed ELL – Economics Living Lab, spin off di Univerona, svela come il mondo dell’associazionismo veronese non si è fermato davanti alla pandemia.
Il settore dell’associazionismo si è, infatti, rimboccato le maniche e ha proposto nuove modalità di assistenza anche online, ottimizzando le condizioni di ‘chiusura’. È questo solo uno dei risultati emersi dal lavoro, svolto tra aprile e maggio del 2020, che vedrà una nuova rilevazione, per comparare i dati un anno dopo, nella primavera di quest’anno.
I risultati della prima fase sono stati presentati dal Csv qualche tempo fa – in occasione della trentacinquesima giornata del volontariato – e in merito, abbiamo fatto due chiacchiere con Michele Bertani responsabile area sociale di ELL.
La ricerca ha coinvolto il tessuto associazionistico territoriale veronese, che idea vi siete fatti come ricercatori delle caratteristiche precipue di questo tessuto?
La ricerca nasce dalla collaborazione tra il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) di Verona ed Economics Living Lab con l’obiettivo di valutare l’impatto dell’emergenza COVID-19 sul volontariato veronese, in particolare: conoscere il contesto e le risposte del volontariato veronese durante il lockdown, analizzare le evidenze empiriche emerse dai dati raccolti, delineare le criticità e gli adattamenti adottati dagli organismi del terzo settore nella gestione della situazione emergenziale.
La ricerca ha interessato 158 enti del terzo settore della provincia di Verona, circa il 20% di quelli presenti e si è imperniata sulla compilazione di un questionario da parte delle associazioni e su circa 30 interviste ad associazioni selezionate dal CSV.
Circa il 50% delle associazioni può contare su meno di 20 volontari e per oltre i due terzi non supera i 50.000 euro di entrate/proventi annui. È, quindi, una realtà composta da piccole associazioni attive in particolare nei settori dell’assistenza sociale, della ricreazione e cultura e della sanità. Metà delle associazioni rivolgono la loro attività alla collettività in generale, l’altra metà si dedica, invece, a specifici destinatari, giovani, anziani, donne e persone con diverse abilità.
Durante il lockdown di marzo e aprile 2020 circa il 65% delle organizzazioni ha continuato l’attività, spesso riducendola drasticamente, mentre le rimanenti hanno interrotto le proprie attività principalmente per il rispetto dei decreti governativi. Un tessuto associazionistico che durante i mesi dell’emergenza ha saputo rimboccarsi le maniche, ripensarsi e mettersi a disposizione del prossimo; basti pensare che la metà delle associazioni ha organizzato nuove attività emergenziali e che coloro che hanno interrotto l’attività l’hanno fatto esclusivamente per rispetto dei DPCM, dimostrando nel complesso una notevole capacità di resilienza.
Il Covid ha modificato la ‘vita’ delle associazioni definitivamente secondo voi?
È prematuro riuscire a rispondere a questa domanda. La nostra ricerca si articola in due distinti momenti: il primo, concluso, imperniato sulla raccolta delle informazioni durante l’emergenza della primavera 2020, il secondo si svolgerà nella primavera del prossimo anno, proprio per indagare questi aspetti, invitando gli enti e associazioni del volontariato veronese a compilare un nuovo questionario. Questo ci consentirà di confrontare i dati con quelli della prima rilevazione e capire meglio quali scenari si potrebbero aprire per la vita futura dell’associazionismo veronese.
Secondo la vostra percezione quando si tornerà alla normalità il mondo del volontariato come reagirà? Cosa terrà di questa esperienza, se terrà qualcosa?
La percezione è che questa emergenza possa contribuire a rinsaldare i rapporti di collaborazione a livello territoriale tra le varie associazioni, creando delle reti di associazioni con funzioni complementari. La ricerca ha evidenziato che questa esigenza è fortemente sentita da parte delle associazioni, anche se non si può dire che sia generalizzata. Per raggiungere questi obiettivi diviene cruciale la presenza di una “cabina di regia” che coordini operativamente le associazioni sul territorio. In questo ha un ruolo determinante il CSV di Verona.
Tra le realtà contattate per le interviste, ci sono ‘storie’ che vi hanno particolarmente colpito e che esulano dalla rilevazione quantitativa?
Dalle interviste effettuate, attraverso le parole dei volontari, emerge non solo la loro capacità di far fronte all’emergenza e di organizzare interventi adeguati, ma anche il loro lato umano più profondo. In primis la paura e il timore di poter contagiare i propri familiari al rientro a casa dopo l’attività di volontariato, poi la difficoltà di gestire le situazioni nelle quali i volontari intervenivano in situazioni con pazienti Covid-19.
Come ricercatori sociali quali prospettive per il futuro, per un tessuto che deve ricucire numerose ‘ferite’?
Ogni emergenza, ogni crisi, sanitaria e non, ha sempre determinato grandi cambiamenti. Questa pandemia è arrivata in un periodo nel quale la digitalizzazione, così come i temi legati alla tutela ambientale e all’innovazione tecnologica iniziavano a entrare nella vita di tutti noi e nei piani di sviluppo di molte realtà economiche, profit e no-profit. Il Covid ha accelerato questo processo di cambiamento strutturale e culturale: le associazioni del prossimo futuro saranno sicuramente diverse nei modi di coordinarsi, di agire, per poter essere ancora di maggior impatto sul territorio. È una trasformazione obbligata che penalizzerà fortemente sul piano operativo le associazioni che vi rinunceranno.
Tiziana Cavallo