Da un semplice emocromo, l’esame del sangue comunemente usato per i controlli di routine, si possono individuare segni di possibili malattie cardiovascolari nei soggetti a rischio. Questo il risultato che emerge dalla ricerca “Basophil blood cell count is associated with enhanced factor II plasma coagulant activity and increased risk of mortality in patients with stable coronary artery disease: not only neutrophils as prognostic marker in ischemic heart disease”, recentemente pubblicata sulla rivista scientifica “Journal of American Heart Association” (JAHA), condotta dal Verona Heart Study (VHS), gruppo di ricerca dell’ateneo scaligero guidato da Oliviero Olivieri, direttore del dipartimento di Medicina, in collaborazione con l’università di Ferrara, con il sostegno della Fondazione Cariverona.
Prima autrice della ricerca è Francesca Pizzolo, responsabile dell’ambulatorio d’Ipertensione arteriosa, autore corrispondente è Nicola Martinelli, responsabile dell’ambulatorio della trombosi e docente di Medicina Interna. Lo studio porta anche la firma dei docenti di ateneo Domenico Girelli, Simonetta Friso, Giovanni Battista Luciani e Giuseppe Faggian, oltre che di Annalisa Castagna, Silvia Udali, Filippo Stefanoni,Veronica Munerotto, Vera Cetera, nonché di Marcello Baroni e Francesco Bernardi dell’università di Ferrara.
Nello studio, sono state analizzate le diverse sottopopolazioni di globuli bianchi – linfociti, monociti e granulociti neutrofili, eosinofili e basofili – ed è stata individuata una diversa e specifica associazione con il rischio di mortalità totale e cardiovascolare nei soggetti con nota cardiopatia ischemica. Più precisamente, i livelli ematici di granulociti neutrofili e basofili fornivano informazioni sulla propensione procoagulante individuale e sul rischio cardiovascolare.
“I risultati confermano osservazioni simili di studi precedenti per quanto riguarda i granulociti neutrofili”, spiega Martinelli, “ma soprattutto evidenziano per la prima volta come anche la componente leucocitaria dei granulociti basofili, spesso poco considerata se non addirittura trascurata nella pratica clinica corrente, possa avere significativi ruoli fisiopatologici, clinici e prognostici. I risultati del nostro studio, come sempre nella ricerca scientifica, devono essere interpretati al momento con cautela e necessitano di essere validati da ulteriori lavori. Nondimeno essi supportano il possibile ruolo informativo e prognostico nelle malattie cardiovascolari dell’emocromo con tipizzazione leucocitaria, esame laboratoristico economico ed ampiamente diffuso in tutto il mondo, che potrebbe permettere una più efficiente identificazione dei soggetti a maggior rischio cardiovascolare con conseguente migliore gestione terapeutica degli stessi. Inoltre”, conclude Martinelli, “i risultati del nostro studio invitano a considerare con rinnovata attenzione il potenziale significato clinico e gli effetti biologici dei granulociti basofili, che potrebbero essere implicati in meccanismi fisiopatologici del rischio cardiovascolare e trombotico, aprendo nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche nella cardiopatia ischemica”.