Domenico Girelli direttore della sezione di Medicina interna è il curatore dell’edizione italiana del “Harrison-Principles of Internal Medicine” in uscita proprio in questi giorni. Il volume è considerato all’unanimità da tutta la comunità scientifica come il testo di Medicina Clinica più autorevole in assoluto, una vera e propria “Bibbia” consultata e studiata da medici, studentesse e studenti di tutto il mondo.
“Quand’ero studente di medicina mai avrei immaginato una cosa simile – spiega emozionato il professor Girelli-. E’ stato un grande onore per me essere selezionato per contribuire all’ultima edizione italiana dell’Harrison. Tuttavia, non lo ritengo un merito personale, quanto piuttosto un riconoscimento al valore dell’intera scuola internistica veronese, che, nonostante la relativa giovane età dell’Ateneo, è ormai affermata a livello nazionale ed internazionale. Per parte mia non posso che ringraziare i miei mentori Giorgio De Sandre, Roberto Corrocher e Oliviero Olivieri, nonché i miei giovani collaboratori Fabiana Busti e Giacomo Marchi che mi hanno affiancato in questo lavoro.”
Pubblicato per la prima volta nel 1950 a cura di Tinsley R. Harrison (Birmingham, Alabama), l’attuale XX edizione originale (2 volumi di circa 4000 pagine) è stata curata da 6 editors principali, tra cui Anthony Fauci, notissimo per le recenti prese di posizione contro la cattiva gestione della pandemia COVID-19 da parte dell’amministrazione Trump. La locuzione “c’è scritto sull’Harrison” fa parte del gergo medico quotidiano come sinonimo di credito e rilevanza di un’affermazione. Fondato sin dall’inizio su una solida concezione fisiopatologica, l’Harrison viene continuamente arricchito e aggiornato in base all’evoluzione delle conoscenze, con capitoli che includono non solo i paradigmi tematici più recenti (es. la “System Biology”), ma anche la bioetica e tutto ciò che ha a che fare con la professione “sul campo”.
Celebre l’incipit, immutato dalla prima edizione: “Per curare chi soffre il medico deve possedere capacità tecniche, conoscenze scientifiche e comprensione umana, doti che dovrà utilizzare con coraggio, umiltà e saggezza per offrire al prossimo un servizio unico e per perfezionare il proprio carattere. Il medico non dovrebbe chiedere al proprio destino più di questo, né accontentarsi di qualcosa di meno”.