Per la prima volta è stata dimostrata una relazione tra esposizione all’inquinamento dell’aria e la riattivazione dell’artrite reumatoide, nonostante un trattamento farmacologico in corso. Questa associazione è presente anche a livelli bassi di inquinamento, al di sotto della vigente normativa in materia. È stato, infatti, recentemente pubblicato sulla rivista Rheumatology uno studio, condotto dal team di ricerca di Reumatologia del dipartimento di Medicina dell’ateneo di Verona, secondo il quale esisterebbe un’associazione stringente tra l’inquinamento ambientale da un lato e la severità e le recidive di malattia dall’altro, in pazienti con artrite reumatoide seguiti nel corso di un follow-up durato 5 anni.
Lo studio, dal titolo “Association between environmental air pollution and rheumatoid arthritis flares”, è stato condotto da Giovanni Adami (primo autore e autore corrispondente), Ombretta Viapiana, Maurizio Rossini, Giovanni Orsolini, Eugenia Bertoldo, Alessandro Giollo, Davide Gatti e Angelo Fassio, in collaborazione con l’Arpav, l’Agenzia regionale per la Prevenzione e Protezione ambientale del Veneto.
In Veneto, la prevalenza di artrite reumatoide nella popolazione generale si attesta intorno all’1%, con valori più alti per gli ultra65enni e i residenti nella provincia di Verona. Con l’intenzione di approfondire la possibile associazione esistente tra le sostanze inquinanti, la severità dell’artrite infiammatoria e lo sviluppo di recidive, è stato implementato questo nuovo studio, che ha attinto ai dati relativi alle concentrazioni di inquinanti ambientali nella provincia di Verona e a quelli relativi a 888 pazienti con artrite reumatoide, sottoposti a 3.396 visite di controllo durante un follow-up della durata di 5 anni (dal 2013 al 2018).
Lo studio, condotto in una delle aree a maggior inquinamento ambientale del Paese, ha chiaramente dimostrato come, in pazienti con artrite reumatoide, l’esposizione a livelli elevati di agenti inquinanti ambientali si associ con l’innalzamento del rischio di recidive di artrite.
“Abbiamo raccolto dati longitudinali dei pazienti affetti da artrite reumatoide e dati sulla concentrazione di inquinanti atmosferici nell’area della provincia di Verona”, spiega Giovanni Adami, primo autore dello studio. “Abbiamo confrontato l’esposizione agli inquinanti nei 30 e 60 giorni precedenti ad una riattivazione dell’artrite con l’esposizione nei 30 e 60 giorni prima di una visita in cui la patologia era in remissione. Lo studio ha incluso 888 pazienti con artrite reumatoide con 3396 visite di follow-up. Sono stati recuperati 13636 record giornalieri di inquinamento atmosferico e abbiamo trovato una associazione dose-dipendente tra la concentrazione di inquinanti atmosferici e il rischio di avere livelli anomali di proteina C reattiva (PCR). Lo studio”, ribadisce Adami, “evidenzia come sia necessario ridurre l’inquinamento ambientale per migliorare gli outcome e gestire al meglio la patologia dalla quale sono affetti. È possibile, infatti, che un cambio della terapia o un decorso sfavorevole della patologia possano essere ascritti proprio all’impatto negativo che l’inquinamento ambientale esercita sulla salute di questi pazienti. Questo eccesso di rischio”, aggiunge Adami, “è stato documentato per livelli di esposizione alle polveri sottili (PM10) che sono persino al di sotto delle soglie proposte in Europa per i singoli inquinanti per la protezione dello stato di salute. La rilevanza dello studio, pertanto, sta nel suggerire ai decisori pubblici sanitari e ai referenti per le politiche ambientali di ridurre le emissioni di gas nocivi e di particolato atmosferico a livelli persino maggiori di quelli attualmente raccomandati”.
DOI: https://doi.org/10.1093/rheumatology/keab049