Il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici, AADC deficiency, è una malattia genetica neurometabolica grave molto rara e spesso ha esito fatale nei primi anni di vita. A tutt’oggi sono stati individuati circa 150 pazienti nel mondo ma si stima che l’incidenza globale di tale patologia sia pari allo 0.112%. La malattia causa la diminuzione o la mancanza dei neurotrasmettitori dopamina e serotonina che determinano gravi sintomi motori, neurometabolici e nello sviluppo.
Nei giorni scorsi la prestigiosa rivista scientifica Brain ha pubblicato uno studio del gruppo di ricerca dell’Università di Verona guidato da Mariarita Bertoldi insieme a Giada Rossignoli e Giovanni Bisello che fornisce elementi importanti per definire una nuova strategia terapeutica personalizzata dando una speranza per il futuro dei pazienti affetti da questa malattia. La ricerca, dal titolo “Deficit dell’enzima Decarbossilasi degli amino acidi aromatici (AADC): un modello neuronale derivato da paziente per terapie di precisione” è stata condotta in collaborazione con la University College e il Great Ormond Street Hospital di Londra e con il supporto finanziario dell’associazione AADC Research Trust.
“Purtroppo non c’è chiara correlazione fra genotipo dei pazienti, profilo dei markers diagnostici, attività dell’enzima AADC e fenotipo clinico – spiega la professoressa Bertoldi -. I trattamenti farmacologici attuali tamponano i sintomi con miglioramenti modesti. Il lavoro pubblicato è un ottimo esempio di interdisciplinarità e ha lo scopo di proporre una strategia terapeutica personalizzata. Il nostro contributo biochimico è stata l’individuazione e la caratterizzazione strutturale e funzionale di alcune varianti proteiche. Tale ricerca ci ha permesso di predire la responsività di alcuni pazienti al substrato L-dopa come approccio terapeutico. Grazie a una collaborazione con il prestigioso University College di Londra, UK, Giada Rossignoli, PhD nel mio gruppo di ricerca, ha ottenuto in vitro un modello neuronale umanizzato di deficit da AADC partendo da fibroblasti di pazienti e mimato il fenotipo clinico a livello cellulare. Un trattamento specifico sui neuroni derivati ristabilisce livelli di proteina e sua attività con perfezionamento della maturità neuronale. La somministrazione di L-Dopa si è dimostrata efficace nel migliorare i parametri cellulari in maniera mutazione-specifica validando quanto previsto dagli studi biochimici. L’integrazione fra biochimica, biologia cellulare e clinica è alla base di una strategia mirata per contrastare e curare questa devastante patologia”.
Grazie a questo lavoro vengono definite ulteriormente le proprietà di specifiche mutazioni AADC con validazione in neuroni derivati da pazienti. “Il nostro studio ha un grande potenziale nel guidare strategie farmacologiche personalizzate per trattamento di malattie rare – conclude Bertoldi -. Il deficit da AADC ha un fenotipo che mima la malattia di Parkinson e potrebbe fungere da sistema modello per una più ampia azione in condizioni patologiche dovute ai livelli aberranti dei neurotrasmettitori monoamminici che colpiscono alte percentuali di popolazione”.