La “tavola di Baltimora”, uno dei tre dipinti di Leon Battista Alberti che rappresenta la città ideale, è un classico esempio di città utopica e proibita. I due aggettivi, strettamente legati fra loro, indicano che la città perfetta sembra non trovare spazio per la presenza umana, per le relazioni interpersonali. In essa non sono, infatti, rappresentate persone, è una città in cui tutto è ordinato e simmetrico, ma inesorabilmente vuoto. È una città ideale, in cui però l’uomo non ha alcun tipo di accesso, ne viene escluso. Questo l’argomento centrale del secondo dialogo “Città ideale/città proibita” del ciclo “Dove iniziano le città, dove finiscono le città?”, all’interno del programma Contemporanea, la piattaforma transdisciplinare per riflettere sulla contemporaneità. La discussione, avvenuta mercoledì 7 aprile, è stata condotta da Federico Leoni, docente di Antropologia filosofica dell’ateneo di Verona, condirettore del Centro Tiresia per la filosofia e la psicoanalisi, e da Fabio Benincasa, docente alla Duquesne University Rome e redattore di Frontiere della psicoanalisi.
“Le città ideali sono desertiche, vuote e dunque proibite e le figure umane sono immerse in uno spazio non pensato a loro misura”, ha affermato Leoni, rilevando, dunque, il problema che nella città ideale, in realtà, non abita nessuno, sono utopie.
Il dialogo del 14 aprile “Esistono le periferie?” chiuderà il ciclo dei dialoghi interurbani “Dove iniziano le città, dove finiscono le città?”. Discuteranno Gianluca Solla, docente di Filosofia teoretica dell’università di Verona, e il professor Carlo Cellamare, docente di urbanistica dell’università di Roma La Sapienza, responsabile scientifico del Laboratorio di Studi Urbani DICEA. Il video integrale dell’incontro “Città ideale/città proibita” è disponibile sulla pagina Facebook di Contemporanea.