“Sono molto contento di questo invito da parte del FFDL che ho accettato non solo a titolo personale, quanto soprattutto a nome del nuovo Centro di ricerca su filosofia e cinema, creato in collaborazione tra il nostro Ateneo e l’Università San Raffaele di Milano. Il tema dell’incontro sarà quello della Natura, che assume oggi una grande rilevanza. Infatti davanti alla crisi climatica penso che abbiamo bisogno di sperimentare inedite alleanze tra discipline differenti, scienze e forme artistiche, un’alleanza capace di aprire nuove prospettive di pensiero e di azione.”
Con queste parole pochi giorni fa Gianluca Solla, docente di Filosofia teoretica di Univerona, spiegava ai lettori di Univrmagazine le ragioni della sua partecipazione all’incontro che si è svolto mercoledì 25 agosto, a Boscochiesanuova, nell’ambito della rassegna “Parole Alte” all’interno del Film Festival della Lessinia, in corso in questi giorni e al quale l’ateneo ha dato il suo patrocinio.
Natura e futuro, i temi affrontanti nel dialogo tra Solla e Maria Russo, docente dell’Università San Raffaele di Milano introdotti e incalzati da Adriana Cavarero, filosofa e già docente dell’ateneo scaligero. “Il futuro è un tempo che ancora non esiste – ha detto Cavarero in apertura – e il presente che viviamo è un tempo di crisi e affrontiamo ogni giorno ultimamente l’incrudirsi di ingiustizie sociali tra cui quello che sta anche accadendo in Afghanistan”. Apocalissi umane e naturali che incombono sulla società moderna nella quale “siamo chiamati a trovare una nuova invenzione – ha proseguito Solla – per uscire dalla crisi del singolo e dall’abitudine. Il connubio tra filosofia e cinema serve per pensare questo futuro che si intreccia con trame fitte del presente”.
L’intervento di Solla è proseguito puntando l’attenzione sulla stretta necessità di trovare nuove immagini e alleanze su saperi, pratiche e modi di essere. Alleanze e immagini che il cinema aiuta sicuramente a creare. E il paesaggio, nel cinema, così come nelle vite quotidiane di tutti noi “è un modo di strutturare la natura e il nostro sguardo – ha sottolineato il docente scaligero – e possiamo dare ad esso una data di nascita che corrisponde al 26 aprile 1336 quando il Petrarca scrisse la lettera “Ascesa al Monte Ventoso” in cui forse per la prima volta occhi ed emozioni si indeterminano nel guardare appunto il paesaggio che diventa una realtà indecisa tra fenomeno naturale e umano”.
Russo ha proseguito portando ai numerosi presenti vari esempi di come il rapporto con la natura sia diventato sempre più conflittuale. Esempi cinematografici che hanno riportato alla memoria dei presenti immagini di apocalissi e distopie grazie alle quali si può provare a leggere il paesaggio naturale. “Blade runner”, “Il pianete delle scimmie”, “Hunger Game” e molti altri titoli noti e meno noti al grande pubblico sono stati analizzati dalla professoressa Russo che ha presentato diverse possibilità di narrazione dell’apocalisse che talvolta risulta anche ludica e favolistica. “Dopo l’11 settembre con l’attentato alle Torri Gemelle – ha approfondito Russo – la fine del mondo nel cinema sembra ineluttabile e l’apocalisse diventa una catastrofe della natura umana più che della natura in sé, come ad esempio nel film di Lars Von Trier “Melancholia”. Il rapporto, dunque, natura, paesaggio e futuro attraverso il cinema – che per Maria Russo è “palestra per esercitare il potere dell’immaginazione” – risulta, dalle parole dei docenti relatori dell’incontro, complesso e in continua evoluzione. La realtà si dipana davanti ai nostri occhi affetta da veloci cambiamenti climatici che sembrano sempre di più influire, negativamente purtroppo, sul mondo e sulla vita umana. Cambiamenti cui il cinema non può forse che porre un flebile, ma necessario, rimedio per le anime.
Nelle parole di chiusura della professoressa Cavarero, infine, un barlume di speranza per chi sembra avere uno spirito montano “distinguo due tipi di persone, chi ha spirito marino e fa parte di popoli, come dice Platone nei suoi racconti, propensi alla scrittura e chi ha spirito montano portato di più a una oralità condivisa. Platone parla spesso di diluvi universali che sotterreranno le terre e lasceranno emerse solo le cime delle montagne, dove sopravvivranno quindi le genti ‘orali’ che guardano e narrano a voce un paesaggio che dà sempre l’idea di un futuro oltre il sole che scompare pian piano dietro i monti”.
Tiziana Cavallo