“La Bosnia-Erzegovina non vuole avere nessun’altra strada che non sia l’integrazione euro-atlantica. Le sfide di oggi, come ha dimostrato nel recente passato la Bosnia, possono essere risolte solo con l’unità e la diplomazia, l’unica strada per porre fine a qualunque crisi”. Così ha dichiarato Dragan Mihaljevic, Console generale della Bosnia-Erzegovina a Milano, durante l’incontro “Bosnia: tra solidarietà interculturale e intolleranza”, promosso dall’università di Verona e dedicato a comprendere meglio la complessità della questione bosniaca.
“L’università di Verona è luogo di incontro e accoglienza – ha dichiarato Olivia Guaraldo, delegata del rettore al public engagement – e, grazie alla collaborazione tra l’ateneo e le associazioni Radici dei diritti e One bridge to Idomeni, questo incontro si pone come momento di approfondimento della necessità di solidarietà e tolleranza tra popoli”. L’evento è stato aperto dall’esecuzione di musiche balcaniche a cura dell’Associazione bosniaca Stećak Aps di Verona, a cui sono seguiti i saluti dei rappresentanti delle due associazioni, Cristina Antonini, per Radici dei diritti, e Giulio Saturni per One Bridge to Idomeni.
Durante la tavola rotonda, introdotta e moderata da Renato Camurri, docente di Storia contemporanea all’università di Verona, sono intervenute due figure del panorama religioso bosniaco, Ahmed Tabaković, imam principale della Comunità islamica dei bosniaci in Italia e Igor Kožemjakin, hazzan della sinagoga di Sarajevo e in chiusura, con Davide Denti della Direzione generale della politica di vicinato e dei negoziati di allargamento della Commissione europea, si sono discussi i rapporti tra Unione europea e Bosnia.
“La vera essenza della Bosnia è nascosta sotto gli eventi tragici della guerra degli anni ’90 e della crisi migratoria che sta attraversando il Paese, ma in realtà la Bosnia – ha dichiarato Tabaković – è l’archetipo del vivere armonioso tra religioni e culture, un grande esempio di Europa unita”. L’imam ha aperto la tavola rotonda concentrandosi sulla necessità di fermare le politiche destabilizzanti che impediscono la pace e la prosperità della nazione. “A questo proposito – ha aggiunto – è necessario che l’Ue conceda il prima possibile lo status di candidato alla Bosnia, e che la Nato acceleri il processo di adesione all’Alleanza, al fine di garantire pace e stabilità. La Bosnia ha tutti i presupposti storici, politici, culturali ed economici per far parte della famiglia europea”.
“L’integrazione europea è sicuramente ciò che può aiutare la Bosnia contro la retorica nazionalistica, ma – ha sottolineato Igor Kožemjakin – il comportamento delle istituzioni europee è preoccupante”. L’hazzan della sinagoga di Sarajevo ha discusso in modo critico il ruolo dell’Ue nel Paese, ponendo l’attenzione sull’unico modo in cui l’Europa può veramente aiutare la Bosnia nel suo percorso di integrazione euro-atlantico. “Il vero aiuto delle istituzioni europee – ha dichiarato Kožemjakin – consisterebbe nella creazione di una società basata sul cittadino, con aiuti economici concessi non a priori ma sotto la condizione della realizzazione di una struttura statale basata su diritti e doveri del cittadino e non sulle etnie e sulla paura che una di esse attacchi l’altra”.
A margine della tavola rotonda, Davide Denti ha spiegato le relazioni intercorse negli ultimi anni tra la Bosnia-Erzegovina e l’Ue, concentrandosi sui motivi dell’ancora mancata adesione all’Unione. La Bosnia-Erzegovina ha infatti un percorso politico e sociale ancora molto lungo da percorrere: “le continue crisi politiche interne, la mancata applicazione dello stato di diritto, unite al carente coordinamento tra le diverse istituzioni, fanno sì che la Bosnia non sia ancora pronta alla piena integrazione europea. Tuttavia – ricorda Denti – il sostegno fattivo dell’Unione non è mai mancato negli anni, dalla missione militare alla facilitazione di un dialogo politico utile a superare le crisi, e continuerà a non mancare nel prossimo futuro”.
Ludovico Caruso, tirocinante UniVerona News
Video dell’evento.