Ilaria Gabusi, studentessa del dipartimento di Informatica si è aggiudicata il premio di miglior presentazione nella categoria “First time presenter” promosso nell’ambito della 31esima conferenza annuale internazionale di risonanza magnetica che si è tenuta a Londra dal 7 al 12 maggio. Gabusi, ora borsista al laboratorio dell’ateneo Dice “Diffusion Imaging and Connectivity Estimation”, Dice, guidato da Alessandro Daducci, docente di bioingegneria ed elettronica informatica, ha vinto con il lavoro “Combined structural and functional connectivity changes in fabry disease” frutto di una collaborazione tra l’università di Verona e l’università Federico II di Napoli. Allo studio hanno, infatti, partecipato anche Sara Bosticardo e Matteo Battocchio, dottorandi di ateneo, Simona Schiavi, post-doc da poco trasferita all’università di Genova, Giuseppe Pontillo, Maria Petracca, Sirio Cocozza, Antonio Pisani e Arturo Brunetti dell’università “Federico II” di Napoli.
Il riconoscimento è stato assegnato dal “White matter study group”, il gruppo di esperti internazionali che collabora allo sviluppo di tecniche di risonanza magnetica per lo studio della sostanza bianca del cervello. Il gruppo di studio dedicato alla materia bianca del cervello ha individuato tre abstract tra quelli proposti dai gruppi di ricerca che presentavano il loro lavoro per la prima volta alla conferenza.
Lo studio si concentra sulla connettività cerebrale in pazienti affetti dalla malattia di Fabry, FD, una patologia genetica rara, multisistemica e progressiva. Con lo scopo di studiare a livello globale l’organizzazione cerebrale, il gruppo di ricercatori ha elaborato immagini di risonanza magnetica per ricavare stime di connettività sia strutturale che funzionale. In seguito, queste reti sono state analizzate per individuare differenze significative tra pazienti e soggetti sani e per identificare le aree cerebrali maggiormente colpite dalla malattia. I risultati ottenuti supportano l’ipotesi di una degradazione strutturale e di una riorganizzazione funzionale del cervello nei pazienti affetti da FD, indicando un danno microstrutturale diffuso dovuto alla perdita di integrità assonale. Infine, ulteriori analisi esplorative, riguardanti i punteggi ottenuti dai pazienti in test neuropsicologici, supportano le conclusioni tratte e offrono delle idee su un possibile ruolo compensatorio delle alterazioni di connettività funzionale sulle prestazioni cognitive. Tutto questo apre nuove prospettive per lo sviluppo di cure che possano essere finalmente efficaci nel trattamento di questa patologia.