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Un commento al premio Nobel 2022 per la Fisica a John Clauser, Alain Aspect e Anton Zeilinger

L'editoriale di Francesca Monti, docente di Fisica nel dipartimento di Informatica

di Elisa Innocenti
12 Ottobre 2022
in Ricerca e innovazione

Il premio Nobel per la Fisica 2022 è stato assegnato a John Clauser, Alain Aspect e Anton Zeilinger “per gli esperimenti con fotoni entangled (intrecciati) che hanno dimostrato la violazione delle diseguaglianze di Bell e aperto la strada alla scienza dell’informazione quantistica” da loro condotti in maniera indipendente rispettivamente nel 1972, 1982 e 1998.

Si tratta di un importante riconoscimento, che arriva alla fine di un lungo percorso di studi e di riflessioni, del valore che i risultati di questi esperimenti hanno sia per il loro impatto sul significato e sull’interpretazione della Meccanica Quantistica (con notevoli implicazioni anche nell’ambito della filosofia della scienza) sia per le loro ricadute scientifiche e tecnologiche, quali i computer quantistici, la crittografia quantistica e il teletrasporto.

Tutto ebbe inizio con un famoso articolo pubblicato nel 1935 a firma di Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen [Phys. Rev. Lett. 47 (1935) 777] nel quale i tre scienziati intesero dimostrare che la Meccanica Quantistica era da considerare una teoria incompleta analizzando un esperimento mentale (da allora chiamato “paradosso EPR”) e sulla base dell’ipotesi, detta “di località”, che gli elementi di realtà fisica di un sistema corrispondenti a grandezze fisiche misurabili non possano essere influenzati istantaneamente a distanza.

Il paradosso EPR fu riformulato nel 1952 da David Bohm [Phys. Rev. 85 (1952) 166], il quale, ipotizzando l’esistenza di variabili “nascoste” per tentare un completamento deterministico della Meccanica Quantistica, propose un esperimento con un sistema di due particelle identiche generate come un tutt’uno in un punto dello spazio e che si propagano, poi, allontanandosi una dall’altra. Immaginiamo che sia possibile misurare il valore di una particolare proprietà delle due particelle (1 e 2) e che si possano avere solo due risultati di questa misura (α e β). Immaginiamo di misurare il valore di questa proprietà fisica solo su una delle due particelle quando esse sono distanti fra loro. Secondo le previsioni della meccanica quantistica è possibile che il sistema delle due particelle sia tale per cui: a) eseguendo la misura su una particella si ha una probabilità del 50% di trovare il risultato α e una probabilità del 50% di trovare il risultato β;  b) le due particelle si trovano in uno stato “entangled“, intrecciato, tale per cui, eseguita la misura, ad esempio, sulla particella 1, ne risulta automaticamente e con certezza determinato il valore della proprietà fisica per la particella 2 anche quando esse sono così lontane che un qualsivoglia segnale fisico non ha il tempo sufficiente per essere trasmesso dall’una all’altra.

La verifica di queste previsioni comporta il riconoscimento che la Meccanica Quantistica è una teoria non-locale ma completa e che l’azione istantanea a distanza è possibile. Si tratta di un aspetto cruciale della teoria, che implica che le correlazioni fra gli esiti di una misura siano maggiori di quelle che si avrebbero se la non-località non fosse ammissibile e che furono formulate come disuguaglianze matematiche da John Bell nel 1964 [Physics 1 (1964) 195].

Sono proprio queste le previsioni della Meccanica Quantistica che Clauser, Aspect e Zeilinger hanno verificato nei loro esperimenti sui fotoni con tecniche via via più sofisticate, aprendo così la strada all’utilizzazione degli stati entangled per applicazioni tecnologiche innovative. Un esempio su tutti, quello della crittografia quantistica: quando due interlocutori si scambiano una chiave per secretare le loro comunicazioni, la scelta di un sistema quantistico entangled garantisce che il tentativo di intercettare la chiave da parte di un intruso venga scoperto per i suoi effetti sulle correlazioni tra gli esiti delle misure.

La strada per quella che viene anche chiamata “seconda rivoluzione quantistica” è ancora lunga, e richiede di comprendere e controllare i fattori che a livello macroscopico determinano la perdita (che i fisici chiamano “decoerenza”) delle proprietà quantistiche dell’entanglement.

L’assegnazione di questo premio Nobel alla fisica quantistica, come tale atteso da tempo, porta alla ribalta le aspettative e la fiducia della comunità scientifica internazionale nei promettenti sviluppi delle più moderne tecnologie quantistiche, sulle quali si sta concentrando un notevole sforzo economico a livello mondiale, che in Italia è testimoniato dai recenti stanziamenti nell’ambito del Pnrr per la nascita del nuovo centro nazionale di ricerca “High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing” a Bologna e del partenariato esteso sulle scienze e tecnologie quantistiche.

Francesca Monti, docente di Fisica nel dipartimento di Informatica

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