“Erasmo Leso si presentava sempre con un sorriso che lo rendeva amabile e simpatico a tutti. Era una persona cordiale, dotata di un tratto umano di grande elegenza, di parola e scrittura, e di una ironia sorridente, mai cattiva o tagliente, simbolo della sua intelligenza. Il suo impegno è stato scientifico ma anche istituzionale-didattico, è stata una perdita grave per tutti. Ognuno proveniente da un diverso ambito e una diversa fase della sua vita, siamo qui oggi a ricordarlo in tanti”. Con queste parole Arnaldo Soldani, storico della lingua italiana, direttore del dipartimento di Cultura e civiltà dell’università di Verona e suo ex studente, ha aperto il pomeriggio dedicato al ricordo del linguista Erasmo Leso, mancato lo scorso agosto, all’età di 82 anni. L’incontro si è tenuto venerdì 10 febbraio, al Polo Zanotto.
Laureato a Padova con Gianfranco Folena, di cui è stato uno degli allievi più brillanti e originali, Leso ha concentrato fin dai primi anni i suoi interessi sulla storia del linguaggio politico moderno: un campo di ricerca di cui è stato sostanzialmente il fondatore in Italia, come gli viene unanimemente riconosciuto.
Tra i tanti contributi, si ricorda in modo particolare la monografia dedicata a ‘Lingua e rivoluzione. Ricerche sul vocabolario politico italiano del triennio rivoluzionario 1796 – 1799’, nella quale Leso definisce il legame profondo tra la rivoluzione giacobina, francese e italiana e la nascita del lessico politico moderno, con la sua fraseologia, le sue metafore, le sue ragioni ideologiche, soprattutto con le sue linee di tendenza (ad esempio la dialettica tra “discorso persuasivo” e “discorso suggestivo”) destinate a perdurare per secoli, fino ad oggi. Partendo dal Settecento, suo secolo prediletto anche per ragioni di intrinseca consonanza intellettuale, Leso ha tracciato la storia del linguaggio politico, ma anche – per suo tramite – la storia della politica, nelle epoche successive: dal Risorgimento a Giolitti, dal Fascismo alla Repubblica, prima e seconda, con il rigore dello studioso che ha definito i tanti percorsi e le derive del linguaggio politico, ma anche con la passione di chi non ha mai nascosto la preferenza per un discorso improntato a precisione terminologica e chiarezza espositiva, insomma a una razionalità che è segno, in chi pratica, di onestà intellettuale e di rispetto per i cittadini.
All’università di Verona Leso è arrivato a metà degli anni Novanta, per occupare la prima cattedra di Storia della lingua italiana. E da quel momento per lui, veronese di origine, l’ateneo scaligero ha rappresentato il centro della vita accademica, sia nella didattica sia nell’istituzione, come direttore di istituto e di dipartimento, e come presidente del corso di laurea in Scienze della comunicazione, negli anni della sua fondazione e del suo primo sviluppo.
Al seminario in sua memoria sono intervenuti Gianfelice Peron, docente di Filologia romanza all’università di Padova, che ha tracciato il suo percorso accademico patavino, Giuseppe Chiecchi, ex docente scaligero di Letteratura italiana, e Arnaldo Soldani che insieme hanno parlato di quello veronese. Seguiti da Ivano Paccagnella, professore emerito di Storia della lingua italiana, e Alessandra Zangrandi, docente di Linguistica italiana dell’università di Verona, che hanno delineato il profilo da studioso lessicografico di Erasmo Leso. Infine, il pomeriggio si è concluso con Massimo Fanfani, storico della lingua italiana e Michele A. Cortelazzo, linguista, che hanno delineato i suoi studi riguardo al linguaggio politico.