Quando parliamo di università il riferimento è ad alcuni dipartimenti o corsi di laurea che potremo quasi definire classici. Insomma, per capirsi, quei corsi di laurea che quando rispondiamo a quell’amico di famiglia che ci chiede cosa studiamo non necessitano di troppe spiegazioni come Lettere, Giurisprudenza, Medicina, Economia, Lingue e pochi altri. Forse. Quello che facciamo spesso è dare per assodato che questi indirizzi di studio siano nati insieme all’università. Eppure, c’è stato un tempo in cui chi voleva iscriversi a Giurisprudenza, per citarne solo una, doveva emigrare verso altre città più o meno vicine. Basti pensare che l’università di Verona, ottenuta l’indipendenza da Padova nel 1982, si presentava ai ranghi di partenza con soli tre corsi: Medicina, Economia e Magistero, la cui eredità è stata raccolta da Lettere.
Tornando ai giorni nostri, giovedì 20 aprile scorso, nell’aula magna del Polo Zanotto si è tenuta la presentazione del nuovo corso di laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia. La notizia, vecchia solo di qualche settimana, avrà fatto gridare “Finalmente!” a qualcuno. Un nuovo corso che arricchisce ulteriormente l’offerta formativa dell’ateneo scaligero. Nell’articolo de L’Arena di giovedì 5 giugno 2006, con l’anno accademico ormai agli sgoccioli, si racconta della nascita di un nuovo corso di laurea: Bioinformatica. Definita come “una laurea flessibile” per le molteplici e variegate opportunità di applicazione delle competenze insegnate a una schiera trasversale di professioni e ambiti di ricerca, l’esperimento di questo corso di laurea vede la luce in Italia per la prima volta proprio all’università veronese. Oggi il corso è una realtà consolidata. Ma a tenere banco in quei giorni, nella discussione in ambito accademico, è la questione Farmacia. L’allora consigliere comunale Alberto Benetti chiese di completare il quadro didattico dell’Università di Verona istituendo la facoltà di Medicina, citando testualmente l’articolo, venendo incontro a quella che era la crescente richiesta da parte della comunità studentesca scaligera. Ecco che a distanza di 17 anni, con tanti volti di protagonisti cambiati, quella richiesta è stata in qualche modo assolta e anche Verona avrà il suo corso a indirizzo farmaceutico.
Un taglio al passato. Questo episodio ci ricorda come dietro alle decisioni che, in apparenza, sono appannaggio della sola istituzione universitaria, all’atto pratico sono il frutto di dinamiche ben più ampie e intricate che includono la partecipazione e la connessione tra università, città ed altre realtà. La decisione di attivare un corso di laurea tiene conto di una molteplicità di fattori, tra i quali le necessità o le pressioni provenienti dal mondo del lavoro e dalla società in cambiamento. A proposito di questo, un riflesso di come alcuni aspetti stessero cambiando, l’università e, nello specifico, l’università di Verona, ha assistito all’abolizione di due storici istituti che storicamente avevano formato, in Italia, insegnanti e educatori per le scuole. Sto parlando delle vecchie denominazioni, forse ancora ben radicate nella testa degli insegnanti più “anziani”, Magistero e Isef. Nel decreto rettorale del 30 marzo 1992, l’università di Verona sostituisce la facoltà di Magistero con la facoltà di Lettere e filosofia, a sua volta contenitori di tre percorsi di laurea differenti: Lettere, Filosofia e Pedagogia. Una delle facoltà storiche, presenti sin dalle prime battute dell’università di Verona, cambiava definitivamente identità. Questo risultato fu motivo di soddisfazione tra le mura accademiche. Intervistato da L’Arena, Andrea Castagnetti, al tempo professore ordinario di Storia medievale e membro del consiglio di amministrazione dell’ateneo, affermò: “Con questa trasformazione, in definitiva si andrà a potenziare il polo umanistico pedagogico”. Appena sotto questo articolo, datato 15 maggio 1992, uno specchietto illustrava le materie di studio caratterizzanti delle tre facoltà nascenti. Lo stesso entusiasmo, a quanto pare, non colpì le istituzioni politiche veronesi. Cinque giorni dopo, il 20 maggio, viene riportata la scarna, scarnissima presenza di personalità politiche all’inaugurazione della neonata facoltà di Lettere e Filosofia: si presentarono solo due persone della politica veronese. Il preside della facoltà Luigi Secco non la prese benissimo e la considerò un’occasione persa proprio per quel patrimonio culturale inestimabile di cui Verona era, ed è, sede. “La facoltà di Lettere e Filosofia, più di altre, offre, offre all’uomo gli strumenti essenziali per leggere e comprendere sé stesso. E a Verona trova una sua sede quasi naturale perché la città, per la sua storia culturale, artistica, politica, sociale ed economica merita di essere premiata con una facoltà di lettere e Filosofia”. Una bella riflessione, questa, ancora attuale per combattere quel pregiudizio serpeggiante nell’opinione pubblica che vede le materie umanistiche relegate al ruolo di “materie inutili” che non danno un futuro lavorativo. E scusate questo impeto d’orgoglio ma, anche io, provengo da corsi dell’area umanistica.
Is…ex. Se alla maggior parte degli studenti il termine Isef non dice nulla è più che comprensibile. L’acronimo, coniato nel secondo dopoguerra, sta per Istituto superiore di educazione fisica. Fino al 1998 serviva per formare i professori che sarebbero andati poi a insegnare proprio Educazione fisica nelle scuole. Si trattava di corsi triennali che rilasciavano un diploma post-secondario. Succede, però, che nel 1998 una riforma rende obbligatoria la laurea per poter accedere alla docenza negli istituti superiori. Non è più sufficiente l’Isef. Era necessario un adattamento e l’università avrebbe avuto un ruolo ben definito in tutto ciò. Betty Zanotelli su L’Arena del 13 aprile 2002 accoglie questo storico passaggio di consegne con scrivendo: “Un’epoca è alle spalle […]. La fredda sigla Isef ha lasciato il posto a una denominazione più “corposa”: Scienze delle attività motorie.” Eccolo, dunque, il certificato di nascita di Scienze motorie all’università di Verona. Dai diplomi dell’Isef si stava per passare alle lauree in Scienze motorie, con la possibilità di equiparazione dello stesso diploma alla laurea da poco istituita. Mancava un ultimo passo, che sarebbe arrivato pochi mesi dopo: rendere il corso in Scienze motorie indipendente dalle facoltà di Medicina e Scienze della formazione. È il 12 luglio 2002 quando L’Arena annuncia a pagina 15 “Scienze sportive diventa facoltà”. Giocando con le parole, la Zanotelli scrisse “le premesse per continuare a camminare, ci sono tutte” e oggi, dopo due lustri, si può affermare che la laurea in Scienze della attività motorie e sportive, nella sua storica sede di via Casorati, è una realtà affermata e consolidata.
“Non funzionerà”. Questa frase, dai toni tutt’altro che ottimistici, la pronunciò Giambattista Rossi, padre fondatore di Medicina a Verona. Il riferimento? All’istituzione di Giurisprudenza in riva all’Adige. Rossi, uno che di mondo accademico non si può dire che non ne sapesse, rappresentava il “partito dei contrari” nei confronti della nuova facoltà che stava per nascere. Ma tutti possono sbagliare. A riportare le sue parole è Paola Colaprisco nell’intervista proposta su L’Arena il 22 luglio 1995. Tutt’altro approccio lo ebbe Sebastiano Cassarino, già rettore dell’università di Verona e, al tempo dell’intervista, presidente del comitato tecnico di Giurisprudenza, tra i principali fautori di Legge a Verona. “È dal 1987 che perseguo questo obiettivo”, dichiarò alla giornalista, prima di dare alcune buone ragioni agli studenti e alle studentesse scaligeri per iscriversi al corso di Giurisprudenza di Verona preferendolo a Bologna o Trento: “Per la comodità di averla in casa, in primo luogo. Poi perché ci differenzieremo dalle vicine facoltà concorrenti predisponendo un piano di studi basato sulle attuali esigenze di mercato.”
Ecco allora svelati i retroscena di alcuni corsi dell’università di Verona che oggi rappresentano un punto fermo nell’offerta formativa ma che, in un preciso momento del passato, sono stati pedine di un gioco più grande. Il gioco della storia che va avanti, tra politica, società e mondo del lavoro che, con essa, sono cambiati.