Nonostante i numerosi traguardi raggiunti nel corso della storia, per le donne è ancora difficile poter dire di godere di pari opportunità, come è altresì complicato riuscire a inserirsi in posizioni sociali e politiche di prestigio.
“Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne, ragazze e bambine” e “garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership a ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica”, questi i due obiettivi dell’Agenda europea 2030 per lo Sviluppo sostenibile nel panorama internazionale, ampiamente discussi durante la conferenza “La leadership che si prende cura delle persone: la sfida ambiziosa delle donne”, tenutasi il 14 dicembre al Polo Zanotto.
Quest’incontro, l’ultimo del ciclo di conferenze “Sulla leadership femminile: dati, riflessioni ed esperienze”, è stato organizzato dal Collegio Mazza, ed ha visto la partecipazione di Livia Turco, già ministra della Solidarietà sociale e ministra della Salute e presidentessa della Fondazione Nilde Iotti, e di Donata Gottardi, docente del dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Verona e già eurodeputata.
“Leadership femminile significa trasversalità, significa avere l’ambizione giusta per sostenere la battaglia delle donne, il governo delle donne e la capacità di decisione delle donne”, ha detto Livia Turco. “Tutto questo attraverso un progetto politico, un progetto di trasformazione sociale che abbia una chiara visione della società, perché io oggi vedo la vera sfida della leadership femminile nella riforma della politica, nella riforma della democrazia. Vedo la leadership femminile come quella che si dà l’ambizione di ricostruire un legame tra il popolo, le persone, la vita quotidiana e la politica, l’istituzione. Per fare ciò c’è bisogno di uno scatto, di un’energia, di una forza che parli un linguaggio diverso e che sappia immettersi in questa società disumana: la forza della cura della vita”.
“Questa “cura della vita” non basta scriverla, non basta volerla, va realizzata”, ha aggiunto Donata Gottardi. “In più quando si dice “programma di cura” non si deve intendere che la stessa cura va bene per tutti. Dovremmo cercare di capire che se parliamo solo di conciliazione, allora parliamo a vuoto, perché è necessario che le persone usufruiscano delle tecnologie messe loro a disposizione per poter calibrare le proprie esigenze, altrimenti si finisce col banalizzare. Non c’è il lavoro di cura, ci sono i lavori di cura”.
Viola Degl’Innocenti, tirocinante Univerona news