Si è conclusa la tre giorni di Run for Science 2024: l’evento dove la corsa è la ricerca e le collaborazioni nascono dentro e fuori l’università con due dipartimenti coinvolti – Neuroscienze, Biomedicina e Movimento e Ingegneria per la medicina di innovazione – e due università italiane, Torino e Urbino.
Il format, pensato per l’edizione numero undici che metteva assieme orientamento, divulgazione e corsa indirizzati verso la ricerca sulle malattie oncologiche, si è concluso domenica sera con la soddisfazione di tutti i numerosi partecipanti.
L’ouverture venerdì mattina con la partecipazione delle classi quarte delle scuole superiori secondarie. Studentesse e studenti hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con le tecniche di ricerca applicate alle Scienze dello sport nel Village di Run for Science del Palazzetto Gavagnin-Nocini, allestito con dodici stazioni di test e misure di valutazione. Sono stati coinvolti in lezioni teoriche e attività sul campo utili alla comprensione e alla valutazione della pratica motoria e sportiva.
Il sabato è stato dedicato alla divulgazione scientifica in piazza dei Signori: un dialogo condiviso sugli stili di vita attivi e il benessere, concluso con un aperi-Attivo. Si è discusso di attività fisica adattata, sport e malattie oncologiche. Al cospetto delle statue di Dante e di Girolamo Fracastoro, medico e filosofo, la cittadinanza è stata alla fine anche coinvolta in esercizi di attività fisica. “La salute – commenta Michele Milella, direttore del dipartimento di Ingegneria per la medicina di innovazione – non è più concepita come la mera assenza di uno stato patologico, ma come una condizione di benessere psicologico, fisico e spirituale che va ricercata pro-attivamente e che può addirittura prevenire lo sviluppo di alcune patologie o ridurne l’impatto sulla vita del paziente. Di qui l’importanza dell’attività fisica, di uno stile di vita che promuova la salute e il benessere e l’attenzione che è fondamentale dedicare a questi aspetti”.
Domenica mattina Walter Fagnani, runner ancora attivo a 99 anni e testimonial speciale, ha dato il via all’undicesima edizione di Run for Science partendo da piazza Bra e raggiungendo le strutture di Scienze Motorie in Borgo Venezia.
Run for Science è ricerca: sono state raccolte analisi antropometriche, del sangue e moltissimi dati funzionali e psicologici legati alle capacità di adattamento allo sforzo con indagini ripetute prima e dopo la corsa. 100 i partecipanti, persone affette da malattia oncologica, guarite e sane che hanno corso i 5 e i 10 km.
“Fare ricerca serve ancora oggi perché non ci basta dire che lo sport fa bene – spiega Federico Schena, direttore vicario del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento – Vogliamo sapere quale e quanta attività fisica va fatta nelle diverse condizioni fisiche e di salute, vogliamo capire chi può svolgere un certo tipo di esercizio fisico e come e soprattutto desideriamo scoprire quali sono i meccanismi alla base di questo beneficio per la salute che è lo sport”.
“Abbiamo testato le capacità coordinative, le capacità di interpretazione dei segnali, attraverso test di reattività, di risposta agli stimoli, valutando la forza, il metabolismo – aggiunge Cantor Tarperi, docente di Scienze dello Sport e responsabile scientifico di Run for Science – Cerchiamo di descrivere l’attività dell’organismo umano e vedere come si passa dall’attività alla sedentarietà e dall’attività all’eccellenza sportiva”.
“Le misure effettuate nei giorni precedenti Run for Science sulle soglie lattacide – dice Lorenzo Budel, dottorando di Scienze Motorie – saranno utili a determinare lo sforzo della corsa, confrontando le analisi del sangue con l’intensità dell’esercizio fisico avremo risposte precise per ogni partecipante”.
“Le valutazioni effettuate dal nostro gruppo, capitanato da Mirta Fiorio, hanno preso in considerazione gli aspetti legati alla personalità e la consapevolezza corporea – precisa Angela Marotta, ricercatrice in Psicobiologia. Attraverso il test Heartbeart counting task abbiamo chiesto alle persone di contare i propri battiti cardiaci in diversi intervalli di tempo. Dal confronto tra i battiti percepiti e quelli effettivi si ricava una misura di consapevolezza interocettiva, ovvero la capacità del sistema nervoso di percepire, interpretare e integrare i segnali proveniente dall’interno del proprio corpo”.
“Vorrei ringraziare tutti i pazienti che si sono messi in gioco in una corsa/camminata di 5km e tutte le persone che li accompagnano quotidianamente nell’esperienza di malattia”, conclude Sara Pilotto, professoressa associata di Oncologia e referente clinica dei progetti di ricerca.