Un recente studio condotto dall’Università di Verona ha rivelato come il gene Sema3A influenzi l’aggressività del cancro del pancreas. Pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Gut, i risultati di questa ricerca aprono nuove prospettive nella comprensione e trattamento di questa malattia devastante.
I ricercatori hanno applicato tecniche avanzate di analisi molecolare su tessuti tumorali per comprendere in quali tipi cellulari e condizioni microambientali il gene Sema3A fosse particolarmente attivo. Grazie all’utilizzo di complessi modelli cellulari, il gruppo è riuscito a definire come variazioni dell’espressione del gene influenzassero il comportamento del tumore.
A realizzare lo studio il gruppo di ricerca coordinato da Vincenzo Corbo che afferisce alla Sezione di Biomedicina del dipartimento di Ingegneria per la medicina di innovazione. Lo studio ha visto il coinvolgimento di altri gruppi dell’università di Verona, incluso il centro di ricerca Arc-Net e le Sezioni di Anatomia Patologica e di Immunologia. Il progetto è stato finanziato dalle fondazioni Airc, Nadia Valsecchi Onlus, Umberto Veronesi e l’Unione europea.
“Questo gene è tipicamente attivo nel sistema nervoso centrale e viene espresso dalle cellule tumorali quando esse sono esposte a condizioni microambientali difficili, comuni nei tumori del pancreas in stadio avanzato– spiegano i ricercatori -. Questa attivazione insolita non solo accelera la crescita del tumore ma lo rende anche “immunologicamente freddo”, ossia in grado di nascondersi al sistema immunitario antitumorale. Sema3A, infatti, è in grado di attirare e educare i macrofagi a bloccare l’attività dei linfociti T citotossici, i principali difensori del nostro sistema immunitario. Inoltre, Sema3A conferisce alle cellule tumorali una resistenza straordinaria allo stress cellulare cui esse vanno incontro quando viaggiano attraverso il circolo ematico, facilitando così la formazione di metastasi”.
Questo studio suggerisce che le cellule tumorali pancreatiche possiedono una notevole capacità di adattarsi a condizioni ambientali ostili e che proprio queste condizioni consentono alle cellule di aumentano la loro malignità. “In tumori con elevata espressione di Sema3A– spiegano -, l’eliminazione farmacologica dei macrofagi determinava un miglior controllo della malattia con farmaci convenzionali. È di fondamentale importanza capire quali sono i meccanismi molecolari che governano questa incredibile adattabilità cellulare e se possano, dunque, consentire lo sviluppo terapie più efficaci”.
“In inglese si dice “it takes a village” – conclude Vincenzo Corbo, docente di Scienze tecniche di medicina di laboratorio dell’università di Verona. “Il nostro è difatti il lavoro di una comunità scientifica allargata che comprende diversi membri del nostro ateneo e di istituzioni straniere. Come tanti altri, il nostro studio è esemplificativo del fatto che il raggiungimento di importanti obiettivi scientifici non può prescindere dalla creazione di un gruppo interdisciplinare con diverse competenze. Nonostante ciò, va riconosciuto il ruolo del singolo, in questo caso Francesca Lupo, primo autore dello studio, che ha tenuto le redini del progetto dal suo inizio.”
Elenco degli autori dell’ateneo, primo autore e autore corrispondente: Francesca Lupo (primo autore), Francesco Pezzini, Davide Pasini, Elena Fiorini, Annalisa Adamo, Lisa Veghini, Michele Bevere, Cristina Frusteri, Pietro Delfino, Sabrina D’Agosto, Antonia Malinova, TianWang, Francesco De Sanctis, Rita Teresa Lawlor, Vincenzo Bronte, Aldo Scarpa, Stefano Ugel, Vincenzo Corbo (autore corrispondente)
Altre università, enti e centri coinvolti: Policlinico Gemelli, Roma; UC Davis Department of Microbiology, Davis, California, Usa; University of Konstanz, Konstanz, Germany; University of Glasgow, Glasgow, UK; Cold Spring Harbor, NY, USA
Sara Mauroner