Il 19 giugno la Camera ha approvato in via definitiva la legge sull’autonomia differenziata delle regioni. La riforma riconosce alle Regioni un maggiore livello di autogoverno su varie materie, finora in capo allo Stato.
Ma quali sono i risvolti di questa nuova legge e cosa comporterà? Abbiamo fatto il punto con Francesco Palermo, docente di diritto pubblico comparato del dipartimento di Scienze giuridiche.
- Professor Palermo, cosa si intende per autonomia differenziata delle Regioni?
È una possibilità contenuta nella costituzione fin dal 2001, che consente alle regioni di poter negoziare con il governo il trasferimento di una serie – potenzialmente anche molto ampia – di competenze. Differenziata perché le singole regioni possono richiedere e ottenere competenze diverse, mentre finora le regioni ordinarie hanno tutte le stesse competenze legislative. Non va comunque dimenticato che esistono già cinque regioni a statuto speciale che hanno gradi diversi di autogoverno su diverse materie, quindi non si tratta di qualcosa di inaudito.
- Quale impatto e quali conseguenze avrà l’approvazione di questa legge nell’immediato futuro?
Rischia di non averne nessuna, sul piano giuridico. La legge prevede la procedura da seguire per il trasferimento di queste competenze, già di per sé lungo e complesso. Fissa poi una serie di limiti, come per esempio il potere del Presidente del Consiglio di negare a sua discrezione il trasferimento di specifiche competenze. Ci sono poi i limiti finanziari: i fondi per l’esercizio delle competenze trasferite vanno calcolati in base a una complessa serie di parametri, gli ormai famosi Lep (livelli essenziali delle prestazioni). E tante altre previsioni a garanzia dell’unità nazionale. Insomma, già la legge è di difficile applicazione. In più quasi certamente sarà sottoposta a referendum abrogativo, e l’esito sembra scontato, visto il clima molto ostile che c’è nel Paese nei confronti di questa riforma.
- Quali sono i risvolti più pratici per la cittadinanza?
Probabilmente nessuno, se la legge sarà abrogata prima di produrre effetti. Se dovesse sopravvivere ed essere applicata, nel medio-lungo termine potrebbe rendere la gestione di diverse materie più vicina al cittadino, responsabilizzando di più le amministrazioni regionali e auspicabilmente accrescendone l’efficienza. Se in una regione la sanità funziona meglio che in un’altra, questo ha molti risvolti pratici per i cittadini. Ma in fondo è già così di fatto. Potrebbe valere in un numero maggiore di settori, come l’istruzione, i trasporti, la ricerca.
Sara Mauroner