Roberto Flor, docente di Diritto penale del dipartimento di Scienze giuridiche, è stato inserito tra i “500 italiani e italiane che contano nell’intelligenza artificiale”. A stilare la lista è stato il quotidiano nazionale “La Repubblica” che ha selezionato le personalità più influenti nell’ambito dell’AI presenti all’interno di università, startup, grandi aziende e istituzioni politiche e culturali.
Roberto Flor è stato individuato in quanto esperto in Cybercrime Law, Cybersecurity Law e Artificial Intelligence Law. Il docente dal 2017 è responsabile scientifico di protocolli di intesa fra il dipartimento scaligero e alcune Procure della Repubblica in materia di Computer e Digital forensics, e dal 2020 è presidente della sezione Regione Veneto della Società italiana di intelligence. Inoltre, nel 2021 è diventato coordinatore scientifico, per la sede di Verona, del Centro di scienze della sicurezza e della criminalità, centro interuniversitario costituito tra le università di Verona e di Trento.
“L’IA ha delle enormi potenzialità di crescita e di sviluppo in ogni campo della vita umana – afferma Roberto Flor -. Deve però essere regolata, considerando i molteplici fattori di rischio, tramite un approccio umano centrico. Questa è la linea seguita dal legislatore europeo e da quello interno. Per poter affrontare le sfide poste dall’IA è indispensabile un’attività di ricerca e di studio multidisciplinare, che tenga presente non solo gli aspetti tecnologici, ma anche quelli etici, filosofici e giuridici.”
All’indomani della notizia sul riconoscimento di Flor come personalità italiana di spicco nell’ambito dello studio dell’AI, si pone il kick-off meeting di presentazione del progetto Human-centered approach and Regulatory Dimension in Developing an Interoperable and Secure Cyberspace – Hard disc. L’incontro si è tenuto il 19 luglio scorso all’università di Roma tre, capofila del programma, in collaborazione con l’università di Verona, l’università di Napoli Federico II, l’università di Palermo, l’università di Pisa, l’università di Milano-Bicocca, l’università di Parma, l’università di Torino e l’università di Trento. Il progetto fa parte dello Spoke 1 ‘Human, social and legal aspects’ dell’iniziativa Security Rights in Cyber Space – Serics, a valere sulle risorse del Piano di ripresa e resilienza – Pnrr, che ha ottenuto un finanziamento di più di 2 milioni e 700 mila euro.
Si tratta di un progetto che si propone di realizzare una ricerca di impatto nazionale che, partendo dalla ricostruzione del contesto normativo, identifichi i principali problemi legali, sociali ed etici della Cybersecurity nei settori pubblico e privato.
L’unità di ricerca del nostro ateneo, di cui è responsabile scientifico Roberto Flor, si soffermerà sulle indagini tecnologiche dal punto di vista del piano concettuale, metodologico e classificatorio.
“Obiettivo del gruppo di ricerca del nostro ateneo – spiega Flor – sarà quello di definire il lawful hacking e le attività di intelligence nelle indagini penali, individuare i singoli strumenti di ricerca della prova, nel prisma delle fonti interne, europee ed internazionali, in prospettiva comparata, e analizzare i limiti di ammissibilità della data retention, considerando le vicende storiche ed attuali di tale istituto anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Allo studio delle questioni procedurali relative alle indagini, in particolare per il contrasto ai crimini informatici, nonché alle tecniche di digital forensics, si affiancherà l’analisi dei limiti derivanti dai rischi connessi, da una parte, all’invasione nei diritti fondamentali di ciascun individuo, ma che assumono una connotazione anche di carattere collettivo; dall’altra parte, dalla compromissione dell’integrità, della disponibilità, della genuinità e della riservatezza dei dati, dei sistemi e dei devices “attaccati”. Considerando la dimensione transnazionale dei fenomeni criminali a carattere tecnologico, lo studio, tenendo conto delle definizioni fenomenologiche dei cyber-attacks, esaminerà i meccanismi di cooperazione giudiziaria, anche per la protezione della cybersecurity, nella sua dimensione individuale e collettiva, quale perimetro di sicurezza nazionale.
Si tratta di una progettualità di rilievo strategico anche nell’ottica del consolidamento dei rapporti fra gli atenei coinvolti, le cui relazioni e iniziative scientifiche potranno trovare sviluppi futuri anche dopo la conclusione del progetto Hard disc.”
Sara Mauroner