Il progetto “Pavia”, Pharmacovigilance in Africa, si conclude quest’anno con la pubblicazione dei risultati finali. Era stato avviato con l’obiettivo di rafforzare l’attività di farmacovigilanza in alcuni Paesi africani. La collaborazione instauratasi tra Paesi europei e Paesi dell’Africa sub-sahariana è stata finanziata dall’EDCTP, European & Developing Countries Clinical Trials Partnership. La ricerca ha prodotto un esito positivo nella formazione del personale sanitario dei paesi coinvolti, visto l’interesse suscitato e anche l’aumento delle segnalazioni di reazioni avverse da farmaci.
Del gruppo organizzatore del progetto, un consorzio di Centri e università europee e africane, faceva parte anche l’università di Verona, sezione di Farmacologia del dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica) con Ugo Moretti, docente di farmacologia e responsabile del Centro regionale di Farmacovigilanza della Regione Veneto, come responsabile scientifico del progetto.
I risultati della ricerca sono stati resi pubblici ad aprile di quest’anno nella rivista Frontiers in Medicine. L’obiettivo del progetto, inserito nel programma di finanziamenti europei alla ricerca Horizon 2020, nasce dalla volontà di migliorare il monitoraggio della sicurezza dei farmaci somministrati nei paesi africani. Per tutta la durata del lavoro, nei quattro Paesi africani partecipanti (Etiopia, Tanzania, Nigeria ed Eswatini) è rimasta attiva la collaborazione fra gli enti National Medicine Regulatory Authority (compresa l’Unità nazionale di Farmacovigilanza), il National Public Health Programme e il National Public Health Programme (Mri).
Le altre istituzioni partner che sono state coinvolte nel progetto “Pavia” sono: l’Amsterdam Institute for Global Health and Development (Centro Coordinatore), il Netherlands Pharmacovigilance Centre Lareb, la Kncv Tuberculosis Foundation (Paesi Bassi), la Tanzania Food and Drug Authority e il Kilimanjaro Clinical Research Institute (Tanzania), l’università del Benin, l’Institute of Human Virology e la National Agency for Food and Drug Administration Control (Nigeria), la Baylor International Pediatric Aids Initiative and Ministry of Health (Eswatini), Armauer Hansen Research Institute e il Food Medicine and Health Care Administration and Control Authority (Etiopia).
Il lavoro, si è prevalentemente concentrato sulla sicurezza dei farmaci antitubercolari. Uno degli elementi fondamentali su cui il progetto si è basato è la formazione del personale sanitario attraverso il blended e-learning, un sistema di insegnamento costituito da lezioni frontali e da corsi on line. L’approccio di “Pavia” è stato quindi ibrido nella fornitura di due corsi principali: “The Basic Concepts in Pharmacovigilance” relativo ai concetti base in materia di farmacovigilanza e il secondo relativo ai farmaci antitubercolari e la loro gestione “An Overview of Tuberculosis and Anti-Tuberculosis Drug Safety Issues, Monitoring and Management (aDsm)”.
La piattaforma utilizzata Schoolroom, nata dallo spin-off dell’università di Verona Medbrains, è di tipo web-based ma è stata adattata anche all’utilizzo offline per essere usufruibile in aree dove la connessione a internet è limitata o assente.
Ad iniziare il progetto è stata la Tanzania dove, a partire da ottobre 2019, 36 studenti hanno frequentato il percorso blended di 5 giorni che combina lezioni in presenza con tre tutor italiani e un tutor locale a sessioni di e-learning. Il risultato è stato che tutti i 36 studenti hanno superato il test alla fine di ogni corso. Sono seguiti poi gli altri Paesi: nell’aprile 2021 l’Eswatini (34 studenti), a gennaio 2022 la Nigeria (25 studenti) e a luglio 2022 l’Etiopia (26 studenti).
Dopo la prima formazione pilota, sono state organizzate altre sessioni di formazione a cascata in Tanzania, Eswatini e Nigeria. I collaboratori del “Pavia” hanno rilevato che su un totale di 827 studenti registrati, 472 hanno frequentato il programma completo e di questi l’89% lo ha completato con successo. Inoltre, i punteggi ottenuti dagli studenti nei test finali aumentavano significativamente rispetto a quelli dei test preliminari.
Il quadro generale positivo delle conseguenze del progetto è stato anche testimoniato dall’analisi qualitativa degli Icsr (Individual Case Safety Reports) inseriti nel database dell’Oms, che ha rivelato un aumento sostanziale delle segnalazioni di reazioni avverse (oltre 14.000) dopo la formazione in Tanzania, Eswatini e Nigeria.
Il progetto “Pavia” ha fatto da apripista nell’importanza di investire nella formazione e nelle tecnologie volte ad un uso più sicuro dei farmaci, specialmente in aree dove le risorse sono limitate. Inoltre, le conoscenze ricavate dal progetto “Pavia” potranno essere linee guida per altri Paesi dell’Africa sub-sahariana. Ciononostante, non è stato possibile stabilire un nesso causale strettamente collegato tra la formazione e l’aumento delle segnalazioni, a causa di alcuni fattori limitanti. Il principale risulta essere la possibile correlazione tra l’aumento delle segnalazioni in corso di vaccinazione anti Covid-19.
Alla partenza aveva spiegato Ugo Moretti: “Ritengo si tratti di un progetto interessante e innovativo. Il supporto agli operatori sanitari nella segnalazione di problemi correlati ai medicinali, il rafforzamento del ruolo dei centri di farmacovigilanza di questi paesi e un utilizzo migliore dei dati esistenti potrà migliorare il sistema di farmacovigilanza a livello locale e la ricerca ha prodotto, infatti, dei risultati positivi”. Sono stati coinvolti nel progetto “Pavia” anche Lara Magro, Mauro Venegoni, Francesco Schievano e Riccardo Lora, della sezione di Farmacologia, e Anita Conforti, già ricercatrice in Farmacologia con esperienza di insegnamento in Africa.
Elisa Innocenti