Fra chi parla il tirolese, il 91% utilizza questo dialetto anche con gli amici, percentuale che scende al 52% nel caso del veneto e al 29% e 22% per i dialetti lombardi e piemontesi. È quanto emerge da un’indagine presentata nell’ambito del progetto di ricerca Alpilink in occasione della giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, istituita per il 17 gennaio da Unpli – unione nazionale delle Pro Loco, per sensibilizzare istituzioni e comunità locali.
“La giornata nazionale indetta dall’Unpli è occasione per ricordare che dialetti e lingue minoritarie costituiscono un aspetto importante del patrimonio culturale”, spiega Stefan Rabanus, coordinatore del progetto. “Non solo: la padronanza di lingua ufficiale e dialetto è un bilinguismo che porta con sé molti vantaggi, dalla maggior flessibilità cognitiva alla riduzione del rischio insorgenza dell’Alzheimer”.
Il team di ricerca di Alpilink – iniziativa che vede come capofila l’università di Verona, coinvolge gli atenei di Bolzano, Trento, Torino, Valle d’Aosta, ed è riconosciuta dal Ministero come progetto di rilevante interesse nazionale – ha esaminato i dati raccolti da 1030 parlanti lingue minoritarie di 505 località diverse: si tratta dei cittadini che nel periodo luglio 2023-luglio 2024 hanno inviato i loro contributi audio partecipando alla raccolta dati in crowdsourcing per la costruzione della più grande audiomappa digitale dedicata ai dialetti del nord Italia. Una raccolta dati che resta aperta, attraverso il sito alpilink.it, dove è disponibile anche la mappa.
I dati della ricerca
Se altre indagini specifiche – come ad esempio l’indagine realizzata nell’ambito del progetto Clam 2021 dell’università di Trento su cimbro ladino, e mocheno o quella dell’istituto statistico della provincia autonoma di Bolzano – negli anni scorsi avevano già rilevato i dati relativi all’utilizzo di specifiche varietà, il rapporto di Alpilink offre per la prima volta la possibilità di confrontare dati sull’uso dei dialetti e delle lingue minoritarie in tutta l’Italia settentrionale.
Ai partecipanti al progetto è stato proposto un breve questionario volto a indagare le loro competenze linguistiche e la frequenza d’uso dei dialetti. Il tirolese risulta molto parlato sia con gli amici sia in famiglia – dall’88% dei rispondenti in questo secondo caso – così come il friulano – utilizzato spesso in famiglia dal 71% dei parlanti e con gli amici dal 74% del campione. Non molto diversi i numeri dei ladini con il 78% che parla di frequente la lingua in famiglia e il 70% nelle relazioni con gli amici.
Per quanto riguarda il veneto invece la quota di chi dichiara di parlarlo frequentemente in famiglia, 66%, è di 15 punti percentuali superiore rispetto a chi lo parla nel contesto amicale. Appena un parlante lombardo su 3 – il 34% – impiega spesso il dialetto con i propri congiunti. Anche nel caso del trentino, come per il dialetto veneto, il gap fra l’uso frequente in famiglia – 69% – e l’uso in contesti esterni – 55% – è molto marcato, con un distacco di 14 punti percentuali, simile a quello registrato per il francoprovenzale, con il 73% dei parlanti che lo usa spesso in famiglia e il 60% con gli amici.
I dati sulla frequenza di utilizzo si riflettono anche nell’autovalutazione della propria competenza, con i parlanti del tirolese che nell’84% dei casi si dicono molto sicuri del loro livello di conoscenza del dialetto a fronte del 63% nel caso del trentino, del 61% fra chi parla il veneto, del 55% per il dialetto piemontese e del 43% per il lombardo. Da annotare anche le differenze relative all’età media dei parlanti che hanno partecipato alla ricerca: i 13 parlanti walser – un insieme di varietà alemanne diffuse in una manciata di comunità montane piemontesi e valdostane – hanno un’età media di 74 anni, mentre i parlanti più giovani sono i veneti – 44 anni.
I dati del report sono disponibili a questo link sul sito del progetto.
Le lingue minoritarie come patrimonio culturale
«La Giornata nazionale del dialetto e delle lingue minoritarie – spiega Stefan Rabanus, coordinatore del progetto Alpilink e professore di linguistica tedesca all’università di Verona – rappresenta un’occasione preziosa per ricordare che dialetti e lingue minoritarie costituiscono un aspetto importante del patrimonio culturale: rispecchiano infatti l’identità storico-culturale di un territorio e, da parte di chi li usa, esprimono un senso di appartenenza alla comunità». Accanto a questo aspetto, c’è un secondo aspetto forse meno noto: «La padronanza di un dialetto o una lingua minoritaria accanto alla lingua nazionale – continua Rabanus – costituisce un bilinguismo che porta gli stessi benefici cognitivi della padronanza di una lingua straniera. Studi recenti realizzati attraverso la Mri – Magnetic resonance imaging sono riusciti a dimostrare che lo spessore della sezione della corteccia cerebrale del giro frontale superiore, coinvolta in funzioni cognitive complesse come il linguaggio, è correlato anche al livello di competenza dialettale. Ecco che chi parla fin dall’infanzia due lingue – siano esse idiomi ufficiali o lingue minoritarie – è dotato di maggior flessibilità cognitiva ed è ad esempio più predisposto all’apprendimento di una nuova lingua. Non solo: studi medici confermano che il bilinguismo può rallentare di alcuni anni lo sviluppo dei sintomi dell’Alzheimer».
L’invito a contribuire al progetto attraverso il sito alpilink.it è aperto. Tutte le persone che parlano un dialetto possono infatti partecipare direttamente alla ricerca compilando l’audio-sondaggio dedicato.