Era il 1942 quando la scultura “Donna che nuota sott’acqua”, di Arturo Martini, fece la sua prima apparizione alla Biennale di Venezia. L’evento segnò l’inizio di un acceso dibattito. Da una parte la critica più conservatrice, disorientata dalle forme fluide e dalle linee sinuose che sembravano sfidare la stessa idea di scultura. Dall’altra gli estimatori, affascinati dalla potenza innovativa del lavoro di Martini.
Mercoledì 12 febbraio, Monica Molteni e Luca Bochicchio, docenti di Storia dell’arte contemporanea del dipartimento di Cultura e civiltà dell’università di Verona, hanno guidato il pubblico in un viaggio alla scoperta di una delle opere più rivoluzionarie nel contesto Novecentesco, in una conferenza tenutasi nella sede della Fondazione Cariverona, che ospita la scultura dell’artista trevigiano.
Abbiamo chiesto ai due docenti di spiegarci le caratteristiche dell’opera.
L’evento è inserito nel progetto culturale di Fondazione Cariverona, “Panta Rei”, in collaborazione con Contemporanea – università di Verona e Urbs Picta, dedicato al tema dell’acqua.
L’opera, che è parte del patrimonio della Fondazione Cariverona, è visitabile dal pubblico nella sede della Fondazione, collocata in una sala dedicata al suo artista, la “Sala Martini”.