L’Università ha ospitato la presentazione di Eurostudent, la quinta indagine sulla condizione di vita e di studio degli studenti universitari italiani alla sala riunioni del Consorzio per gli Studi Universitari. Ha introdotto Denis Delfitto, delegato del Rettore per l’Internazionalizzazione, e la ricerca è stata presentata da Giovanni Finocchietti, direttore dell’indagine e responsabile delle ricerche per la Fondazione Rui.
Sintesi dell’indagine. “E’ un incontro informativo sul tema della condizione di vita e di studio degli universitari italiani, che ha il vantaggio di dare il senso alle cose da fare e di darci la consapevolezza di alcuni parametri di misura” esordisce Delfitto “In Italia l’indagine Eurostudent ha raggiunto la quinta edizione: è svolta in collaborazione e con il cofinanziamento del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca. I dati si riferiscono ad un campione di più di 3 mila studenti italiani”.
Alcuni dati . La media dell’età degli immatricolati si attesta sui 22 anni, la riforma ha prodotto un ringiovanimento, ma uno studente su 10 ha più di 25 anni, ed è una presenza rilevante dei cosiddetti studenti adulti, cioè non tradizionali. C’è però un mancato riconoscimento della figura dello studente part-time da parte degli atenei. I genitori laureati investono più facilmente sulla formazione superiore dei figli per dare loro mobilità sociale ascendente. Il 60% degli studenti è soddisfatto del carico di lavoro, e il 56,3% intende continuare a studiare dopo la triennale. In tutti i dati si devono però fare distinzioni socioculturali e geografiche.
Uno sguardo su Verona. “Verona è una città attrattiva perché se noi guardiamo alla provenienza degli iscritti qui vediamo che la presenza di studenti non residenti in città o in provincia è superiore alla media nazionale” – ha spiegato Finocchetti – l’università di Verona è in grado di portare studenti dall’area tutta attorno alla provincia, quindi la capacità di attrazione si esercita soprattutto su un bacino semilocale, mentre invece è più limitata la presenza di studenti provenienti da altre parti d’Italia. Questo è dovuto al fatto che Verona è al centro di un sistema territoriale di trasporti e comunicazione che rende possibile il pendolarismo studentesco e la possibilità di raggiungere la città e di studiare qui”. E aggiunge poi: “Non abbiamo elementi di indagine su affitti non registrati e quindi non deducibili, quello che è sicuramente vero è che i costi degli affitti sono una delle voci più pesanti nel bilancio economico della vita degli studenti e sono anche alla base di una cambiamento che abbiamo visto nella popolazione studentesca, cioè un aumento forte del pendolarismo per l’alto costo degli studi. Gli studenti non rinunciano a studiare e si accollano le difficoltà: è una condizione che minimizza i vantaggi e massimizza gli svantaggi, ma sono mediamente ben motivati”. E ha concluso: “La tendenza è stata altalenante nel tempo degli studenti lavorativi, e si assiste ad una risalita della percentuale, che era diminuita nei primi anni della riforma del 3+2, quasi che nel corso degli anni gli studenti hanno imparato a studiare meglio e forse i docenti hanno imparato ad insegnare meglio e questo ha liberato del tempo che è possibile occupare anche un lavoro retribuito, risorsa economica che serve a coprire i costi di mantenimento dello studio”.