La neuroetica ha l’ambizioni di racchiudere dentro di se varie partizioni come la ricerca neuro scientifica applicata e ha molte ricadute negli ultimi anni: è una parola nuova, è un ambito di studio, non ancora una vera disciplina, e si è cercato di meglio definirla, visto che con il prefisse neuro ci si deve fare i conti molto spesso.
Neuroetica dalla clinica alla filosofia. “Un tema a mio avviso affascinante e ricco di sfide” così ha aperto la tavola rotonda Lavazza prima di presentare i relatori: Laura Boella, Pietro Pietrini e Massimo Reichlin. Con gli esperti si è entrati nel dettaglio cercando di spiegare le ricadute concrete nella vita pratica di tutti, anche se non c’è ancora la consapevolezza, si è fatto un inquadramento della disciplina che ha portato i presenti dentro i problemi che comporta. E’ stata l’occasione per descrivere come è nata e perché la neuroetica e i dubbi sull’opportunità di questa nascita.
La sfida delle neuroscienze. Boella, autrice di un libro dal titolo Neuroetica, ha affermato che si è spalancato un nuovo campo di esplorazione del comportamento umano: “La neuroetica è un’entità molto prolifica, si è cominciato a parlarne ufficialmente nel 2002; oggi si parla di neurodiritto, neuroeconomia, alcuni parlano persino di neuroteologia, di neurocultura c’è anche chi è infastidito dalla proliferazione di queste sotto sezioni del neuro, e anzi hanno parlato di una sorta di eccessiva seduzione. Effettivamente è un fenomeno ricorrente, ma c’è un certo fascino da questi studi sul cervello: non più solo le classiche tecniche di visualizzazione celebrale, ma ha permesso di studiare quelle parti ‘inosservabili’ dei comportamenti morali o immorali in cui entrano giudizi di valore, o le emozioni”.
Petrini e il caso di Trieste. Protagonista di un caso neuroetico in queste settimane in Italia, Petrini è stato il coestensore di una perizia che poi è stata recepita in una sentenza dalla Corte di Appello di Trieste che ha fatto molto discutere. Ha dato la vera idea di cosa vuol dire cercare di studiare le basi celebrali del comportamento, perché la prima vera distinzione da fare è tra bioetica e neuroetica. “Il nostro è un viaggio nel cervello alla ricerca della mente” ha spiegato il docente di Filosofia morale “ci sono enormi quesiti e indaghiamo i meccanismi in maniera diversa da come sono stati finora esplorati”.
Banali domande, difficili risposte. “Noi siamo agiti dal cervello più di quanto agiamo” ha spiegato Reichlin “Perché facciamo ciò che facciamo? Qual è l’intervento più efficace od efficiente? E’ l’intervento l’aspetto problematico: psicoterapia, lavoro di analisi, o neurofarmacologia sono completamente diversi ma convivono e sono praticati. Ma oggigiorno c’è un nuovo modo di pensare l’etica e l’etica della scienza, perché è in gioco un ribaltamento di valori, dove al centro troviamo l’autovalutazione e l’autodeterminazione di sè”.