Non poteva esserci occasione migliore. E’ nella giornata mondiale del libro che l'ultimo lavoro di Federica Formiga, professoressa aggregata di archivistica, bibliografia e biblioteconomia all’ateneo, è stato presentato al pubblico. I Merlo tipografi veronesi tra Sei e Settecento: documenti e annali, una ricerca accurata sul contributo che la famiglia dei Merlo ha dato alla tipografia veronese, e non solo, nel Seicento.
“Una sede prestigiosa per un libro prestigioso”.E’ con queste parole che, nella sede accademica di Palazzo Erbisti, Silvino Salgaro, direttore del dipartimento di Discipline storiche, artistiche, archeologiche e geografiche dell'ateneo, è intervenuto sul lavoro della ricercatrice. La presentazione del volume ha potuto contare sulle parole di lode di due personalità d’eccellenza: Marco Santoro, dell’università di Roma La Sapienza e Graziano Ruffini, dell’università di Firenze. A coordinare gli interventi Giancarlo Volpato, docente di Archivista, Bibliografia e Biblioteconomia dell'ateneo, che ha parlato dei due ospiti come di “autori di fondamentali opere sulla stampa e l’editoria. Due studiosi importanti per un libro importante che offrirà un consistente contributo alla storia della stampa veronese”.
L’intervento di Santoro.“Federica Formiga ha chiesto a me e a Ruffini di presentare il suo libro. Sia io che il mio collega abbiamo infatti lavorato sul ‘600 con l’obiettivo di sfatare il giudizio negativo che è stato sviluppato sull’editoria di questo secolo”. Lo studioso ha poi spiegato perché non è più possibile parlare del ‘600 come di secolo ‘buio’ per l’editoria. “L’officina tipografica si va sviluppando e all’interno di questa nuove figure di mestieranti si incrociano. Ciò significa che nel ‘600 esplode il successo del libro, oggetto che diventa sempre più familiare fino a perdere la sua valenza sacrale. E’ vero che la qualità delle edizioni scade rispetto al ‘500 ma è sbagliato affermare che l’editoria nel ‘600 è in crisi, anzi la produzione editoriale cresce rispetto al secolo precedente”. Santoro ha chiuso l’intervento esprimendo il suo giudizio positivo sul libro. “L’ho apprezzato per due motivi. Per l’argomento scelto, la tipografia nel ‘600, secolo poco frequentato, e per il modo in cui è stato realizzato il lavoro: l’autrice ha dimostrato di conoscere bene la materia, ha usato in modo funzionale le fonti, ha mostrato capacità di sintesi e di analisi”.
Graziano Ruffini: le qualità del libro.“Il lavoro della Formiga rientra nel genere della annalistica tipografica, un’attività bibliografica lunga e complessa che non raggiunge mai un carattere di definitezza. Compilare gli annali – ha spiegato il docente – significa mettere a disposizione degli studiosi un grande giacimento di informazioni, e Formiga lo ha fatto in maniera corretta facendo uso di uno stile sintetico ma al contempo analitico. Un’importante qualità del libro è che il 90% delle pubblicazioni è stato visionato dall’autrice, si tratta quindi di informazioni di prima mano. L’autrice ha inoltre mostrato una particolare e meritoria attenzione per un certo tipo di pubblicazione, i fogli volanti”. Ruffini ha concluso citando la scelta della Formiga di riprodurre, nella parte finale del volume, i marchi tipografici e 13 tipologie di frontespizi.