Un percorso a piedi lungo il crinale dell'appennino tosco-romagnolo. Questa l'ispirazione del libro 'Dino Campana. La Verna. Con quattro lettere alla Sibilla Aleramo'. Il volume su Dino Campana, curato da Giuseppe Sandrini e presentato alla biblioteca Frinzi per il ciclo di incontri "Io scrivo tu mi leggi" dà spazio anche ad una serie di scatti fotografici di Aldo Ottaviani.
Il diario della Verna. Il volume, curato da Giuseppe Sandrini docente di Letteratura Italiana al corso di laurea in Scienze della comunicazione dell’università, ripercorre il pellegrinaggio nell’appennino tosco-romagnolo del poeta Dino Campana. Il diario della Verna è uno dei poemi in prosa che, nei Canti Orfici, si alternano a componimenti in versi. Il viaggio, compiuto interamente a piedi, non è spinto da una fede cristiana, ma da desiderio di comprendere appieno i precetti di San Francesco. Campana infatti non aspira alla “santità” tanto di moda nella letteratura a cavallo tra i secoli ‘800 e ‘900 ma alla sostanza più terrena e vera che Il 'Cantico delle creature' testimonia. Lo studio di Sandrini, accompagnato da sedici fotografie a colori che Aldo Ottaviani ha scattato del paesaggio appenninico che fa da sfondo alla vicenda, ripercorre in maniera molto efficace il pellegrinaggio del poeta, ma sono proprio le fotografie a dare quel qualcosa in più all’opera. Paesaggi dapprima torbidi, quasi selvaggi, dove impetuosi torrenti solcano la roccia e la terra per passare a declivi più dolci, acque più calme, rocce più levigate. Dal massiccio della Falterona al paese di Stia per arrivare al luogo deputato all’ultimo soggiorno terreno di Francesco. Un pellegrinaggio sconvolgente, dove il poeta sublima l’ispirazione avventurosa della vita.
Vagabondo. "Non è facile sottrarre Campana allo stereotipo che lo vuole unico poeta maledetto italiano", con queste parole Sandrini ha aperto l'incontro. Anche se, forse, la definizione più adatta in riferimento al poeta tosco-romagnolo è quella di “viaggiatore” o di “viandante”. "Carattere difficile e scavato da continue nevrosi – ha continuato Sandrini – Campana trascorre un’infanzia tumultuosa, i frequenti sbalzi di umore, sintomi dei difficili rapporti con la famiglia, con la madre e con il paese natio, sono solo indizi rivelatori di quella che sarà la vita del poeta. Anima inquieta e viaggiatrice, alterna viaggi lunghi e solitari, a soggiorni forzati in manicomio ad Imola; il manoscritto “Il più lungo giorno”, sua prima opera, viene perduto e dimenticato. Campana la riscrive totalmente a memoria ed è così che nascono i “Canti Orfici”.
100 anni. Nel 1910 il poeta si incammina lungo il crinale dell'Appennino per raggiungere il santuario francescano della Verna e qui riceve delle suggestioni che lo inducono al lavoro poetico. Cento anni dopo l'associazione Alba pratalia di Verona promuove una nuova edizione del diario di questo pellegrinaggio, tratto dai Canti Orfici.