Un’intervista a Franco Ferrari, docente di Diritto internazionale nell'ateneo scaligero, per capire come la figura dell’avvocato sia vista dai cineasti americani, attraverso una celebre pellicola del 1982. ‘ll verdetto’.
Trama del film. La storia, tratta da un romanzo di Barry Reed, è un dramma incentrato sulla figura del protagonista, l’avvocato Frank Galvin, anziché sui consueti meccanismi processuali. Galvin, ex avvocato di successo, è ora alcolizzato e si trova a fare il “cacciatore di ambulanze”, ovvero cerca di farsi attribuire cause laddove qualcuno venga coinvolto in un incidente così da far risarcire il cliente dei danni subiti e da ottenere, contemporaneamente, una parcella per sé. Un giorno gli capita tra le mani un caso interessante, quello di una giovane donna in coma permanente da 4 anni a causa della negligenza del personale ospedaliero che l’aveva avuta in cura. E’ con questo caso, e la contrapposizione al grande studio legale che difende i medici dell’ospedale, che Galvin ritorna l’avvocato di un tempo. Riesce così a ribaltare il verdetto finale che inizialmente sembrava segnato.
Qual è la figura dell’avvocato delineata nel film?
L’avvocato Galvin è l’eroe. Ma è un eroe crepuscolare in quanto infrange tutti i canoni etici che possono essere infranti da una sola persona. Tutti. Non è un professionista serio e rispettabile, o perlomeno non lo è più: è un uomo alcolizzato e disilluso e decide di alzarsi e reagire soltanto quando un caso lo coinvolge personalmente. Quello di una giovane che è in coma da anni a causa di un dosaggio errato nell’anestesia, fattale per un intervento di routine. Nel corso del film emerge una figura di avvocato che, seppur riscattata dalla catarsi dell’eroe, è molto criticabile. Galvin finge di avere rapporti personali con un giudice, mente più volte per raggiungere i propri fini, ed è proprio grazie al giudice che, alla fine riesce a far trionfare la verità.
Un’immagine di professionista non positiva, dunque.
Certamente non positiva. Nel film emerge bene l’immagine, consueta in America, dell’avvocato che rincorre l’ambulanza per procacciarsi clienti. Nel caso di Galvin, se non rincorre realmente l’ambulanza, sceglie però di distribuire i propri biglietti da visita in sedi che non potrebbero essere meno consone, come un funerale. L’avvocato è visto spesso negli Stati Uniti, e particolarmente in questa pellicola, come un pescecane, un uomo che costruisce la propria fortuna sulle disgrazie altrui. E poco importa se il nostro protagonista trova redenzione nella storia. Il messaggio che passa al pubblico è comunque quello di un certo sciacallaggio da parte dei legali.
Perché allora la scelta di porre in primo piano proprio l’avvocato anziché dare maggiore spazio al procedimento?
Semplice. Anche qui, come nella maggior parte dei film prodotti negli Stati Uniti, gli americani scelgono l’eroe. E’ vero che Galvin non è professionale, è vero che è deontologicamente condannabile in molti passaggi della storia ma, alla fine, emerge comunque la sua immagine di eroe positivo. Con lui lo spettatore può scegliere di identificarsi. Anzi, è molto facile che con lui si identifichi perché in fondo è mosso da un senso di responsabilità sociale. E perché sceglie di migliorare, sceglie di cambiare il corso della sua vita per far trionfare la giustizia.