Lo scorso 1 giugno, ospitate dalla regione Veneto a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta, le Università del Triveneto si sono date appuntamento per dare esecuzione ad un accordo verbalmente convenuto mesi prima per iniziare la fase attuativa di un’operazione sulla quale da anni si sono confrontati i rettori del triveneto . Tanto tempo è trascorso che, a garantire una certa continuità nel percorso che è stato fin qui fatto, di quel gruppo di cui facevano parte Milanesi di Padova, Ghetti di Venezia, Folin di IUAV, Honsell di Udine, Franceschini di Bolzano, Romeo di Trieste, sono “sopravvissuti” solo Davide Bassi, rettore di Trento, oltre a chi scrive.
Devo ricordare che questa idea non è certamente nuova: già Elio Mosele considerava con favore –forse il favore di cui godono le cose irrealizzabili – un’Università del Veneto. Il suo successore, che scrive, fu ancora più positivo non solo sulla possibilità, ma addirittura sulla necessità di questa operazione. E le ragioni iniziai ad esplicitarle fin dalla mia prima relazione ufficiale davanti al Presidente della regione nel 2005, quando affermavo:…La Università di Verona non può non sentirsi come Università del Veneto nel senso che nel Veneto, nelle sue tradizioni, nella sua realtà fisica, culturale, educativa, produttiva, commerciale è nata, cresciuta ed opera. Nel Veneto essa si collega con le altre Università…nell’ambito di un crescente significato del coordinamento regionale universitario essa è sensibile alla necessità, imposta dal rinnovamento dei tempi .di dar vita ad un sistema universitario veneto all’interno del quale ognuno riesca a contribuire con una propria specificità. Non ci si può certo illudere che questa sia una operazione semplice….
La proposta era divenuta ufficiale e riscosse tra i i rettori del Nord Est, tra reazioni variamente positive, qualche riscontro ottimistico insieme ad accoglienze un po’ più tiepide. Seguì un’altra controversa dichiarazione raccolta ed enfatizzata dalla stampa: il politecnico del nord est, oggetto di considerevoli discussioni, di cui il rettore Milanesi ebbe a dire: L’idea di dar vita ad una Scuola Tecnologica Universitaria Regionale non è stata una bizzarra intuizione di un momento destinata ad esposizioni personali o interventi politici. E’ il ragionato prodotto di uno scambio di riflessioni che è iniziato da molto tempo tra i rettori delle università del veneto e che si fonda su solide considerazioni:..
La risposta pubblica a queste proposte non fu incoraggiante. Nondimeno, si continuò ad incontrarsi periodicamente su questo argomento, fino a che ci fu, per l’appunto, un avvicendamento al vertice di gran parte delle nove Università. E il passaggio di consegne accentuò alcune differenze che già si erano riscontrate nel gruppo. Se da un lato, infatti, la cautela di alcuni si dichiarò in un vero scetticismo, dall’altra parte alcuni dei rettori di nuova nomina contribuirono fin da subito con grande concretezza a promuovere la realizzazione di quell’idea, costruendo una proposta.
La riunione di Piazzola altro non è stato che l’appuntamento che ci si era dati per cominciare a “fare sul serio”. Così è stato. Chi sentiva il significato della iniziativa ha partecipato ad una intensa e fruttuosa riunione operativa che ha dato alla luce un progetto che sintetizzo nei seguenti punti qualificati:
- La creazione di una sorta di federazione tra gli Atenei del Veneto, catalizzata dalla afferenza politica ad una stessa amministrazione regionale, il cui ruolo diviene fondamentale nel contribuire al disegno complessivo di un sistema universitario regionale. Esso dovrà essere finalizzato non solo e non prioritariamente a razionalizzare le attività didattiche, indiscutibilmente ridondanti in alcuni settori, quanto a raggiungere attraverso il coordinamento, la collaborazione, la integrazione, un rafforzamento della qualità dell’offerta formativa ed ancor più della massa critica disponibile nella ricerca scientifica e nel trasferimento tecnologico. Per queste ragioni il collegamento strutturale con il governo regionale, con il mondo produttivo e culturale, sono elementi indispensabili.
- Non vi è dubbio che il Nord Est, un tempo indicato con la più suggestiva definizione più suggestiva di Triveneto, è una realtà politico-sociale fortemente integrata da una secolare storia comune di cui ancor oggi si colgono gli effetti in una marcata somiglianza culturale, sociale, geo-politica, in tutto ciò compresa la tipologia e la qualità delle azioni universitarie. Vi sono molti indicatori che suggeriscono che un sistema universitario esteso a questa macroarea, il Nord est, appunto, rappresenterebbe un polo scientifico-culturale di eccellenza tale da poter competere con le più importanti realtà universitarie dell’Europa, costituendo un importante volano per lo sviluppo industriale e per l’attrazione culturale. Il secondo livello di proposta, pertanto, cui le Università di Trento e di Bolzano, pur nella loro specificità giuridica, si sono dimostrate sensibili ed interessate, è quello di dar vita ad un sistema universitario del nord est, che potrebbe nascere nella forma per così dire embrionale di una associazione all’interno della quale verrebbero studiate e prodotte iniziative di ampia dimensione.
Un’importante sottolineatura merita ancora d’essere annotata: queste iniziative vanno certamente nella direzione auspicata dal governo nel disegno di legge di riforma universitaria e certamente consentiranno di affrontare con maggiore solidità le attuali e le prossime restrizioni finanziarie.
Tuttavia, come già ricordato, l’idea nasce da lontano e si radica su ragioni positive, di miglioramento e d’integrazione con la collettività, di arricchimento del potenziale di ricerca scientifica e di innovazione che vuol dire attrazione di fondi internazionali, di intelletti, di studenti: in altre parole, di traino per la regione, per il Paese.
Alessandro Mazzucco