Rischiare, ascoltare, comprendere. Sono solo alcuni dei verbi ripetuti più volte nell’aula magna del Polo Zanotto, in occasione del dibattito “Il Padre necessario: autorità e libertà nell’avvenimento educativo”. Presente all’incontro il noto criminologo Alessandro Meluzzi.
I temi.La famiglia con i suoi legami è al centro del dibattito legato agli orientamenti pastorali laciati per il prossimo decennio sul tema della sfida all’educazione. All’incontro, moderato da Carlo Bortolozzo, presidente del Centro di cultura europea Santo Adalberto, hanno preso parte Monsignor Massimo Camisasca, fondatore e superiore generale della fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, e Alessandro Meluzzi, psichiatra e psicoterapeuta fondatore della comunità “Agape Madre dell’Accoglienza” e opinionista ospite di diverse trasmissioni televisive.
L’amore per crescere. Così Camisasca ha aperto il dibattito:“Siamo tutti chiamati ad essere padri e madri, anche chi non è biologicamente destinato ad esserlo”. Poi, mettendo in luce la scelta personale del celibato per seguire la vocazione, ha cercato di riflettere su come l’uomo, attraverso l’amore, deve comunicare, aprirsi agli altri e condividere con gli altri il proprio cuore e il proprio essere. Servendosi delle parole di Dante nei confronti di Dio, “l’eterno amore si aperse in altri amori”, spinge l’animo umano a comprendere quanto difficile ma indispensabile sia imparare ad essere amati. “E’ questa – ha detto – l’unica cosa da capire se si vuol maturare, se si vuol diventare adulti, insieme alla consapevolezza del potere del perdono”.
Lo psichiatra. Alessandro Meluzzi, sostenendo l’uguaglianza tra l’educare e il profetare da parte di un padre, ha spiegato quanto sia intrinseca la capacità di parlare in modo mirabile. Servendosi di un breve ma significativo excursus sul ruolo della famiglia di un tempo, fino a designare come oggi i giovani la intendono, ha esposto il suo concetto di coppia, famiglia sentimentale ma senza sentimenti. Di forte impatto emotivo, la poesia di Camillo Sbarbaro, Padre, se anche tu non fossi il mio, letta da Gian Carlo Marchi, docente dell’Università di Verona. I temi? Rischiare. Ascoltare. Comprendere. Perché anche attraverso tre semplici verbi è possibile fermarsi a riflettere sui beni più preziosi che possediamo.
Il testo. Nel suo ultimo libro, Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro?, descrivendo il suo rapporto interpersonale con i seminaristi che segue, dichiara quanto difficile sia l’approccio che un genitore deve avere con i figli. Non ci sono, ha spiegato alla platea, manuali brevettati per una giusta educazione. Bisogna rischiare e imparare ad ascoltare, a far si che tra la dimissione e l’ossessione venga intrapresa una strada mediana e che tra la libertà e l’autorità ci sia implicazione. L’uomo, e un figlio in particolar modo, è libero soltanto se cresce con una forte gratitudine verso suo padre.
Riferimenti al Vangelo. Come il Vangelo di Luca insegna mediante la parabola del Figliol Prodigo, il vero eroe nella vita quotidiana è un padre, un padre amoroso che accoglie festante il proprio figlio anche dopo aspre liti. Un genitore è certezza, comprensione, figura gerarchicamente posta in alto ma che è parte integrante di ognuno di noi. “Essere padre” – ha aggiunto in conclusione Camisasca – è l’esperienza più bella e completa che possa accadere ad un uomo. E’ per questo che bisogna aiutare i nostri figli a credere nel futuro, a vedere che c’è speranza e a rompere tutte le barriere che alle volte si creano tra noi e loro”.