Dove sta portando la scelta veneta di sospendere l'obbligo vaccinale? E' quanto si è discusso nel convegno organizzato al centro medico "Marani" dalla Siti, la sezione Triveneto della Società italiana di igiene, con il patrocinio della facoltà di Medicina e chirurgia, dell'azienda ospedaliera universitaria integrata, dell'Ulss 20 e del comune di Verona. Ha aperto l'incontro Albino Poli, ordinario di Igiene generale e applicata e presidente della Siti.
La vaccinazione come scelta consapevole. Nel gennaio 2008 con la legge regionale 7/2007, sperimentale e provvisoria, è stata sospesa l'obbligatorietà delle vaccinazioni per l'antidifterica, l'antitetatnica, l'antipoliomielitica e l'antiepatite virale B. Per controllare gli effetti della legge, è stato predisposto un Piano di monitoraggio del sistema vaccinale. "A due anni di distanza è tempo di analizzare la situazione – ha dichiarato Albino Poli – per valutare se la popolazione è pronta per scelte di salute consapevoli. I dati sanitari sulla copertura vaccinale nella nostra regione – ha spiegato il docente – vengono monitorati ogni sei mesi, in modo da poter attuare manovre correttive se necessario". Nel commentare i dati dal primo semestre del 2008 al 2009, Poli ha evidenziato che la sospensione dell'obbligo vaccinale non ha influito sui livelli di copertura. "I livelli di copertura vaccinale rimangono superiori al 95% per tutte le malattie soggette alla sospensione. Il Veneto continua ad offrire vaccinazioni gratuite tramite le aziende sanitarie, ma coinvolgendo in modo attivo la popolazione e soprattutto i genitori". Anche per le altre vaccinazioni non soggette alla sospensione dell'obbligo vaccinale, come quella per il morbillo e la varicella, si registrano risultati elevati, lo stesso per quanto riguarda le vaccinazioni di richiamo.
La scelta veneta. Ad analizzare il caso regionale è intervenuto Antonio Ferro, referente per le malattie infettive e vaccinazioni per la Regione. "Tra i paesi occidentali che hanno optato per l'obbligatorietà vaccinale, Italia, Francia, Grecia e Portogallo, l'Italia è quello con più vaccini obbligatori. Dal 1997 – ha spiegato Ferro – la discussione su questo tema è aperta. E' stato creato un Piano Nazionale Vaccini con l'obiettivo di abolire l'obbligo vaccinale in favore dell'offerta attiva". Il relatore ha poi individuato le condizioni necessarie, presenti nel Veneto, per la realizzazione del Piano. "Un elevato livello di integrazione fra servizi vaccinali regionali e i pediatri di libera scelta, unito alla maturità culturale della popolazione". Il superamento dell'obbligo ha comportato un iter amministrativo ed uno scientifico. Il primo si è concretizzato in un'ipotesi di disegno di legge regionale nel 2006 che è stato approvato il 23 marzo del 2007. "Nell'articolo 3 della legge – ha proseguito Ferro – è stato creato un Comitato tecnico scientifico con lo scopo di verificare i dati relativi alle coperture vaccinali e di inviarli alla Giunta che ogni anno decide se mantenere la sospensione dell'obbligo". Con l'iter scientifico è stato individuato un nuovo calendario vaccinale del Veneto che comporta sette punti forti. "Un programma organico di lunga durata; la definizione dei ruoli, con il recupero della parte pediatrica nella sanità pubblica; la scelta di formare insieme personale medico e infermieristico e i pediatri; l'analisi e la diffusione dei dati sulle reazioni avverse ai vaccini, secondo il sistema 'Canale verde' gestito da strutture universitarie; consulenza specialistica e vaccinazione protetta; il marketing sociale con il programma 'Genitori più' e la definizione di un sistema di qualità".
La risposta della popolazione. Secondo i dati rilevati nei primi due anni di sperimentazione, tra il 95% e il 99% della popolazione segue le indicazioni fornite dal calendario vaccinale regionale; un 2% risulta ancora dubbioso e tra l'1% e il 2% presenta un rifiuto ideologico alle vaccinazioni. "La fetta di popolazione su cui vale la pena concentrarsi e lavorare – ha spiegato Ferro – è quella delle persone dubbiose, poiché le restanti hanno un approccio negativo alla sanità e spesso sono a favore dell'omeopatia".