Quando dobbiamo decidere tra alternative diverse, cosa accade nel nostro cervello? E come reagisce quando dobbiamo valutare la fondetezza di un’ipotesi? Se ne è discusso nell’incontro “Meccanismi e strategie della decisione” con Giuseppe Di Pellegrino, docente dell’università di Bologna, e Paolo Cherubini, docente all’università Milano-Bicocca.
Il cervello, l’economista più vecchio del mondo. Quando si tratta di prendere una decisione non c’è una risposta giusta o sbagliata, tutto dipende dalle preferenze del soggetto. La persona assegna, in modo automatico, un valore soggettivo alle diverse alternative: la scelta razionale consiste nell’opzione che per il soggetto ha il valore più elevato. La corteccia orbito frontale, collocata subito sopra gli occhi, è una delle zone più misteriose del cervello. “E’ l’area che riceve tutte le sensazioni derivanti dagli stimoli sensoriali – ha detto Di Pellegrino -. Studi recenti hanno dimostrato che questa si attiva sia quando le ricompense arrivano ma anche quando ci si crea un’aspettativa.” Ma non solo. L’area della corteccia orbito frontale è particolarmente sensibile nel momento in cui si deve mettere mano al portafogli. “Il prezzo, il “dolore del pagamento” può far attivare o spegnere l’area, che veicola l’interesse nei confronti del prodotto – ha spiegato Di Pellegrino -. In certi contesti culturali, un oggetto che costa di più ha più valore, oppure, nel caso del cibo viene percepito come più buono. Quando si mostra l’oggetto in questione, viene attivata anche la corteccia orbito frontale che tiene conto anche degli influssi culturali e sociali. Anche la capacità di autocontrollo viene regolata da quest’area – ha continuato il docente -. Insomma, concedersi o no uno snack, lo decide il cervello. In questi casi, meccanismi espliciti di autocontrollo non funzionano ma sprecano solo energia.”
Ipotesi ed errori. I risvolti comportamentali delle strategie di decisione consistono nel valutare la fondatezza delle nostre ipotesi. “Per “confirmation bias” si intende la tendenza a confermare, giustificando delle posizioni erronee, le nostre ipotesi – ha chiarito Cherubini – . Il concetto, il cui apice si colloca nel secolo scorso, è basato sulla convinzione di avere ragione.” Diversi esperimenti hanno dimostrato che nel testare un’ipotesi, i soggetti tendono a cercare una conferma che sostenga le loro opinioni, piuttosto che un elemento i grado di confutarle. Tendiamo cioè a procedere in modo positivo. “La domanda in cui la risposta confermativa è positiva, tende a rafforzare l’ipotesi – ha continuato Cherubini – mentre una risposta negativa indebolisce la nostra ipotesi, ma non la confuta mai del tutto. È naturale focalizzarsi prima o principalmente sulla risposta positiva in quanto, noi non cerchiamo quasi mai quello che manca, o che potrebbe negare la nostra ipotesi. La positività delle risposte spesso prevale” ha concluso il docente.