I robot operano in ambienti molto difficili. Le loro percezioni sensoriali sono incerte, sporche, in continuo movimento. Come possiamo superare questa incertezza? Come facciamo a costruire delle macchine che riescono ad essere efficaci ed affidabili in ambienti così difficili? Hanno cercato di rispondere a queste domande Stefano Nolfi, direttore di ricerca dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr, Roberto Cordeschi, docente di Filosofia della scienza de "La Sapienza" di Roma e Daniele Nardi, ordinario alla facoltà di Ingegneria dell'informazione e responsabile scientifico del dipartimento di Informatica e sistemistica de "La Sapienza". Ha coordinato l'incontro Raymond Zreick, giornalista di Focus.it.
Come superare l'incertezza nei robot. Gli ambienti in cui i robot devono operare sono molto incerti. Sono spazi dove spesso l'informazione sensoriale è contraddittoria, rumorosa e sporca. La loro caratteristica principale è la dinamicità: variano in continuazione indipendentemente da quello che il robot fa. L'incertezza deriva da tutto questo. Come possiamo ridurla? "Ci sono sostanzialmente tre modi – ha spiegato Nolfi – cambiare l'ambiente, strada che è stata usata nell'ambito della robotica industriale (l'ambiente in cui il robot opera viene fortemente strutturato in modo tale da ridurre al massimo l'incertezza); cercare di costruire dei sistemi che siano in grado di estrarre dall'ambiente una rappresentazione dove l'incertezza venga in qualche modo ridotta; sfruttare il fatto che i robot interagiscono con l'ambiente". Il mondo fisico in cui noi viviamo e in cui vivono i robot fuori dalle fabbriche è un mondo difficile dove l'informazione sensoriale è incompleta e ambigua. "Questo però non rappresenta necessariamente un problema – ha affermato Nolfi – perché costruendo macchine che sanno sfruttare l'interazione con l'ambiente è possibile superare l'ostacolo e addirittura generare informazioni utili per operare".
Robot calciatori, l'incertezza in un mondo dinamico e imprevedibile. RoboCup è una manifestazione che ha l'obiettivo di realizzare, entro il 2050, una squadra di robot in grado di giocare a calcio in modo autonomo. "Ci tengo a sottolineare – ha affermato il presidente Daniele Nardi – che non si tratta di una manifestazione calcistica. RoboCup è una sfida scientifica che non ha alcun fine agonistico". Il primo campionato si è svolto nel '97 a Nagoya, Giappone. L'Italia ha ospitato la manifestazione nel 2003 e ha ottenuto il miglior piazzamento nel 1999 e nel 2000, classificandosi seconda. "Con la RoboCup ci troviamo a metà strada tra una situazione in cui l'ambiente è codificato, dove le porte e il pallone sono di colore diverso, e una in cui l'ambiente non è conosciuto a priori perché l'avversario è totalmente imprevedibile" ha spiegato in presidente. Il limite principale di questo sistema non è tanto nelle azioni quanto nelle percezioni. "L'incertezza all'interno di questi sistemi è legata soprattutto alla conoscenza del mondo – ha concluso Nardi – e i fattori principali che influenzano la mancanza di certezze nel robot sono le sue limitate capacità percettive, unite al fatto che è costretto a operare all'interno di un ambiente nel quale anche con capacità percettive ideali non sarebbe in grado di prevedere tutto ciò che si può verificare nel suo interno”.
Le applicazioni militari della robotica. Roberto Cordeschi ha infine trattato l'argomento da un punto di vista più delicato. Si è imbattuto nel campo delle applicazioni militari della robotica dove l'errore e l'incertezza possono rivelarsi pericolosi. "I pareri tra i robotici sulla robotica militare sono diversi: ad un estremo abbiamo chi sostiene che bisognerebbe porre una moratoria alla costruzione dei robot-soldato perché sarebbero la peggiore sciagura che si possa immaginare sul piano delle armi dopo la bomba atomica. All'estremo opposto abbiamo invece il parere di chi afferma che in caso di guerra i robot si comporterebbero in modo molto più etico degli esseri umani".