Cosa sarebbe la scienza senza i risultati negativi? Secondo Giuseppe Longo, docente e ricercatore alla Normale di Parigi, la scienza perderebbe gran parte del suo valore e delle sue stesse ragioni di esistere. A questo tema Longo ha dedicato una relazione presentata in Gran Guardia in occasione del festival Infinitamente. Hanno dialogato con lui Roberto Giacobazzi, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’università di Verona e Andrea Lavazza, giornalista di Avvenire.
Due esempi dell’importanza dei risultati negativi in ambito scientifico. Per dimostrare lo straordinario valore dei risultati negativi, Longo parte dall’invenzione dell’alfabeto, avvenuta in Mesopotamia intorno al 3000 a. C. Questi pochi segni, apparentemente privi di senso, permettono di rappresentare il reale nella sua totalità. “È questo il primo esempio di riduzione, un meccanismo che – fa notare lo studioso – ha segnato la storia della scienza”. All’inizio dell’800, il matematico francese Pierre Simon Laplace tentò di utilizzarlo per risolvere il cosiddetto “problema dei tre corpi”, ossia la difficoltà nel trovare relazioni stabili per descrivere il comportamento dei pianeti nel sistema solare. Egli provò a ricavare tali relazioni esprimendo in forma matematica il comportamento degli atomi e delle particelle elementari. Dopo di lui, Poincaré proseguì il lavoro e creò un modello matematico che forniva la soluzione. Nel 1887, questo risultato gli valse un importante premio, consegnatoli dal re Oscar II di Svezia. Ma qualche tempo dopo, un amico gli fece notare un grave errore di calcolo, che invalidava tutto il modello. Poincaré utilizzò questo risultato negativo per affermare che, in realtà, il suo non era stato un sbaglio. Semplicemente il comportamento di tre corpi in un sistema come quello solare è impredittibile: i pianeti, infatti, nel percorrere una traiettoria giungono a delle biforcazioni e possono ugualmente imboccare l’uno o l’altro percorso, secondo logiche impossibili da prevedere. Questa spiegazione è stata ritenuta valida per 70 anni e ha dato vita alla geometria dei sistemi dinamici, che ha gettato le basi per un’analisi qualitativa dell’evoluzione. Sempre nell’Ottocento, un altro matematico, David Hilbert, nel mettere in discussione la geometria di Euclide, pensò di utilizzare per la matematica la stessa logica dell’alfabeto: scrivere gli enunciati, gli assiomi, i teoremi, senza preoccuparsi del loro senso. Nasceva, così, l’aritmetica. Nel 1931, Kurt Gödel ha smantellato questo paradigma, sostenendo che l’aritmetica presenta degli enunciati cosiddetti “indecidibili”. Per dimostrare questo risultato negativo, Gödel ha dovuto indicare quali sono gli enunciati “decidibili”, e lo ha fatto traducendo in numeri l’alfabeto. In questo modo, ha creato l’embrione del sistema binario, l’asse portante dell’informatica e dello sviluppo dei computer. Questi sono solo due esempi dei passi avanti che i risultati negativi hanno fatto compiere alla scienza. Ma questo potrà ancora avvenire in futuro? Longo lancia un grido d’allarme: “per ottenere e dimostrare risultati negativi, facendo così progredire l’umanità, è necessario dare ai giovani scienziati risorse e strumenti più adeguati per fare ricerca in modo approfondito”.