11 settembre 2001, ore 15.03. Ero di passaggio a casa per prendere degli appunti di lavoro che avevo dimenticato sulla scrivania uscendo al mattino. Guardavo attonita lo schermo della televisione accesa in salotto, accanto a mia figlia adolescente, lei pure ammutolita. Le immagini, in diretta da New York mostravano l’aereo della United Airlines, volo 175, che, come in un sinistro videogame o un’allucinazione, s’infilava nella Torre Sud, la seconda ad essere colpita dalla furia omicida dei terroristi.
Orrore e pietà. La paura si stava impadronendo del mondo occidentale, uno sgomento collettivo che veniva rilanciato nel web dalla voce degli internauti. Lo sgomento ancestrale che gli esseri umani provano quando la violenza infligge dolore e morte agli innocenti. Orrore e pietà sono i sentimenti collettivi che hanno scandito quelle ore e i giorni successivi che hanno visto affrontarsi il male e il bene, la morte e la speranza, la crudeltà assassina e l’eroismo di chi ha speso la propria vita per salvarne altre.
Come siamo cambiati? Dieci anni dopo non abbiamo dimenticato. Abbiamo metabolizzato la tragedia e in qualche modo ognuno di noi ne è stato plasmato. Ripensando a quel giorno oggi sappiamo che siamo diversi, che c’è stato un prima e un dopo, che le conseguenze di quella tragedia hanno determinato una sorta di mutazione nel patrimonio genetico della nostra storia. Come siamo cambiati? Rispondono alcune voci del nostro Ateneo, approfondendo ciascuno un aspetto dello scenario che quell’11 settembre ha determinato.
mfc
Leggi il contributo di Roberto Giacobazzi , Roberta Facchinetti, Agostino Portera, Silvana Malle.