Da Cattelan a Monet, un viaggio ai confini dell'arte contemporanea ha aperto il ciclo di conferenze in occasione de "La notte europea dei ricercatori". L'originale presentazione dal titolo “I cinque stereotipi dell’arte contemporanea: ecco come riconoscerli” ha visto come relatrici Carole Tansella e Milena Cordioli, entrambe dottorande in Beni culturali e territorio, che hanno spiegato le origini, lo sviluppo e il significato dell’arte contemporanea avvalendosi del supporto di numerose fotografie d'opere che hanno segnato la storia di tale corrente artistica.
Le origini. Spesso si arriva di fronte ad un’opera d'arte contemporanea e immediatamente vengono alla mente un sacco di domande: cos’è? Che senso ha? Cos’avrà voluto comunicare l’artista? Tansella e Cordioli hanno da subito sostenuto che in quest’arte non c’è un significato vero e proprio, l’obbiettivo è quello di fare in modo che lo spettatore si faccia delle domande. È un’arte, quella contemporanea, che trova le sue origini prima in Monet, definito “l’occhio che vede”, e poi in Degas, l’occhio che guarda. Già nell’opera “il battello-studio” di Monet si trova il primo pilastro di questa corrente: la perdita di confini. Le opere del celebre artista parigino si evolveranno poi sino a diventare sempre più astratte, mentre Degas guarda da subito ad una realtà astratta. “Bisogna avere il coraggio di non riprodurre la natura, ma di coglierla e di capirla” – ha spiegato Cordioli.
Metodi e opere. Tansella ha quindi mostrato una carrellata di immagini di opere: dalla fontana di Duchamp a L.O.V.E. di Maurizio Cattelan, scultura del 2010 che ha creato molto scalpore nel momento della sua esposizione in Piazza Affari a Milano. Alcuni artisti usano oggetti di utilizzo comune e li assemblano in determinati modi, altri usano la scultura, altri ancora fanno convivere parola e immagine, mentre alcuni si dedicano al ready-made, opere già fatte e finite alle quali vengono aggiunti piccoli particolari. “L’opera, dopo la sua creazione ha vita propria, non ha quindi un senso comune per tutti dettato dall’artista, ma ognuno può interpretarla a suo modo” – ha concluso Tansella.