Nord-sud, l'integrazione tra le parti. Al centro del dibattito nel settimo incontro del ciclo “Essere italiani oggi – per una identità politica culturale religiosa” una tematica che fa riflettere il nostro Paese forse da decenni: “Italia: Nord e Sud. Integrazioni e differenze”. L'incontro ha visto la presenza di Paolo Feltrin, docente di Scienze Politiche all’Università di Trieste e Gianfranco Viesti, docente di Politica Economica all’Università di Bari. A coordinare il dibattito il prorettore Bettina Campedelli.
Perché l’integrazione è positiva. “Ci sono rilevanti differenze tra le varie regioni del Paese, soprattutto tra nord e sud ma l’integrazione tra le varie parti è sempre stato un fenomeno positivo e può ancora esserlo” con queste parole Gianfranco Viesti inizia il suo intervento. “Una grande differenza è quella economica. Si discute molto sul fatto che questa integrazione economica costi molto al nord ma in realtà il livello di spesa pubblica nel nostro Paese è grossomodo uguale mentre la qualità dell’intervento è più bassa al sud” precisa il relatore. “La differenza maggiore tra nord e sud è nel tasso di occupazione” continua Viesti “al sud ci sono delle condizioni di contesto che rendono più difficile e meno conveniente fare impresa: criminalità organizzata, pessima qualità delle infrastrutture e dei servizi disponibili”. Infine nel concludere il suo intervento Viesti afferma “noi viviamo in un Paese spaventato, che ha paura di perdere il proprio benessere e perciò comincia a percepire le differenze come problemi e non come risorse. Invece il sud è un grande scrigno di crescita economica per l’intero Paese”.
Sud, terreno di battaglia politica. “Tutt’ora, dopo 150 anni e proprio per via degli errori del passato, c’è disaccordo su cosa fare” spiega Paolo Feltrin. Secondo il relatore i tre principali problemi del sud sono: malfunzionamento delle istituzioni, eccesso di ruolo dei politici e delle reti associative nelle istituzioni sociali economiche e politiche e insufficienza del mercato. “Nella seconda metà degli anni Ottanta, invece che gestire dall’alto lo sviluppo del Meridione si provò a investire su uno sviluppo autonomo locale. Il tentativo fallì perché si era pensato che quel tessuto intermedio associativo e politico a livello comunale, provinciale e regionale fosse in grado di fungere da motore propulsore”. Scartando quindi l’ipotesi del federalismo come una possibile soluzione, Feltrin spiega che “bisogna accettare l’idea che i problemi delle regioni sottosviluppate sono sotto la responsabilità delle classi dirigenti e del più forte. Il problema del sud, quindi, non è un problema dei meridionali ma è un problema del nord”.