L'osservazione del cielo notturno ha stimolato l'immaginazione e la curiosità dell'essere umano fin dall'alba dei tempi. Le antiche civiltà si sono sempre interrogate sulla natura di quello spazio apparentemente infinito e al giorno d'oggi, nonostante le scoperte fatte, sono ancora numerosi gli interrogativi senza risposta. Come è nato l'universo? É veramente infinito? Dove arriverà la scienza nei prossimi anni? Sono solo alcuni dei quesiti sollevati da Marco Bersanelli, astrofisico e docente dell'Università di Milano, durante l'incontro di Infinitamente intitolato “Le sponde dell'infinito: viaggio nell'universo primordiale” tenutosi all'auditorium della Gran Guardia.
Il lavoro dello scienziato. “Osservare è meno facile del ragionare – ha esordito Roberto Giacobazzi, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell'ateneo – ed è ciò che distingue uno scienziato da un calcolatore”. In questo modo ha introdotto l'incontro che ha nell'osservazione il suo principio cardine. Bersanelli è un astrofisico che si occupa delle origini dell'universo e l'osservazione è un'attività fondamentale per il suo lavoro. “Le stelle che noi vediamo ad occhio nudo, quella vastità che ci toglie il fiato – ha iniziato il docente – è solo una parte infinitesimale rispetto a quello che c'è in realtà ed è difficile pensare a noi stessi dentro quella vastità”.
Le ultime scoperte cosmologiche. Nel corso dell'incontro sono state proiettate numerose fotografie che mostravano nei dettagli il cosmo finora conosciuto. Nonostante l'universo mostrato in aula sembrasse molto piccolo, i dettagli e le distanze date da Bersanelli fanno capire quanto sbagliata sia la prima impressione. “La nostra galassia è grande 110mila anni luce e, da sola, raggruppa 200miliardi di stelle tra cui il sole – ha spiegato l'astrofisico – ma l'universo è un insieme di galassie e ne è stata mappata solo una piccola parte che ne contiene 250mila. Le certezze conquistate sono comunque molte – ha continuato Bersanelli – ora sappiamo per esempio che l'universo ha avuto origine 14 miliardi di anni fa da uno strato di alta densità ancora oggi in espansione”. La scoperta fondamentale per la cosmologia è arrivata con Arno Penzias e Robert Wilson che, puntando il radiotelescopio in una porzione di cielo dove non si aspettavano nessuna luminosità, registrarono un debole segnale. “Dove la sfera celeste ci appare senza luce, in realtà c'è un flusso cosmico di microonde che costituiscono la luce primordiale, la prima luce dell'universo emessa ancora prima che si formassero le galassie – ha concluso Bersanelli – l'età dell'universo è quindi finita e l'orizzonte dentro al quale ci si muove è limitato ma, allo stesso tempo, in continua espansione.