Se mettiamo in relazione una scacchiera con il tempo, cosa ci viene in mente? Forse solo che una partita a scacchi può durare anche molte ore. Quirino Principe, intellettuale, docente universitario e scrittore noto soprattutto per i suoi libri sulla musica classica, vede in questo legame molto di più. Principe è stato uno degli ospiti della quarta edizione di Infinitamente ed è intervenuto all’Accademia di agricoltura, scienze e lettere, con un dibattito sul tema del tempo insieme al preside della facoltà di Lettere Guido Avezzù.
L’origine degli scacchi. L'origine degli scacchi è incerta, poiché sono stati rinvenuti reperti in diverse zone del mondo risalenti a periodi anche molto lontani tra loro. La versione più accreditata è che questo gioco sia nato in Persia tra il V e il VI secolo d. C. Da notare, l’assonanza tra scià (il re di Persia) e “scacchi”, e tra “scià mat” (che in persiano significa “re morto”) e “scacco matto”. “Una leggenda – ha raccontato Principe – narra che l’inventore abbia donato il gioco allo scià, il quale ne sarebbe rimasto talmente ammirato da offrirgli qualunque cosa egli volesse in cambio. L’inventore gli rispose che avrebbe voluto tanti chicchi di grano o di miglio quanti sono quelli raddoppiati per ciascuna casella della scacchiera. Il re fu stupito di una richiesta così banale, ma presto, consultando i suoi esperti matematici, si rese conto che il numero di chicchi era pressoché infinito: due alla sessantaquattresima”. Nel corso dei secoli, questo racconto ha suggestionato molti letterati. Lo stesso Dante lo evoca, nel canto XXVIII del Paradiso, per far capire quanti fossero gli angeli che vedeva nel cielo: “ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla”.
Scacchiera e tempo, quale legame? Ecco, dunque, il profondo legame della scacchiera con il tempo, inteso nella sua eternità, ma anche con l’infinito spaziale. Per dirla col filosofo tedesco Ernest Cassirer, il gioco diventa “forma simbolica” dell’unità tra spazio e tempo, la cui individuazione rappresenta peraltro una delle sfide cruciali della fisica moderna. Secondo Principe, anche la storia di Parsifal, cavaliere della Tavola Rotonda che riesce a vedere il Graal, sarebbe strutturata come una partita a scacchi. Non a caso, alla fine del primo atto dell’opera wagneriana, sembra realizzarsi un’unità spazio-temporale, quando Parsifal, camminando nel bosco insieme a Gurnemanz, gli confida che, quasi come se avesse la febbre, gli sembra di essere già nel punto che vede in lontananza. Riflessioni affascinanti, che possono forse aiutarci a convivere più serenamente con le dimensioni dello spazio e del tempo, i limiti ineludibili della dimensione umana.