10.490 atleti che escono dalla pancia dello Stadio Olimpico di Londra applauditi da 60 mila spettatori in mezzo a uno scintillio di luci e colori, mentre la pioggia artificiale scende dai cinque cerchi olimpici. E’ iniziata così, il 27 luglio, dopo gli effetti speciali dello show inaugurale seguito da un’audience globale di un miliardo di spettatori, l’avventura dei 204 Paesi partecipanti alla trentesima edizione dei Giochi Olimpici. Un sogno atteso, inseguito e fortemente voluto dai 142 atleti della nazionale italiana pronti a correre, saltare, nuotare per superare i limiti umani e diventare campioni.
Abbiamo chiesto a Federico Schena docente all'Ateneo scaligero di Metodologia dell’allenamento, in attività didattiche e di ricerca nel settore calcio di spiegarci, da scienziato e appassionato di sport, cosa significhi per un atleta prepararsi, per quattro anni, ad affrontare un’Olimpiade.
"Potrei rispondere in modo un po’ filosofico che vuol dire finalizzare un pezzo della propria vita a qualche minuto di confronto al massimo livello con altre persone che hanno fatto la tua stessa scelta. In modo più concreto devo ricordare che 4 anni sembrano un periodo lunghissimo, ma nella vita atletica non sono che una parte di una preparazione molto articolata che di fatto dura almeno 10-12 anni e con la quale si costruisce, progressivamente, la capacità fisica a mentale per una prestazione che rappresenta il meglio che l’atleta è in grado di ottenere. Peraltro nel corso dei 4 anni ci sono tappe intermedie. Alle Olimpiadi si giunge dopo una qualificazione internazionale, in alcuni casi anche nazionale. Insomma preparare un’olimpiade è a mezza strada tra un viaggio e un sogno, forse un po’ entrambi".
Nei mesi precedenti la gara si fa riferimento a un programma di “scarico”, ci spiega di cosa si tratta?
"Allenarsi significa sottoporre il proprio organismo a stress progressivamente più intensi (carico) ai quali tutti gli apparati reagiscono modificandosi pian piano e “adattandosi” allo stimolo con un funzionamento migliore. Perché questo funzionamento diventi ottimale dobbiamo dare all’organismo un periodo di relativa tranquillità, la fase di scarico appunto, durante il quale gli allenamenti diventano meno pesanti privilegiando la qualità rispetto alla quantità".
Quali ingredienti fanno di un atleta “il campione”?
"Un buon patrimonio genetico; un’ottima e ben programmata preparazione psico-fisica; un’attitudine mentale e un contesto sociale che consenta di esprimere al meglio le proprie possibilità nei momenti che contano. Se manca una di queste tre caratteristiche si può essere buoni atleti, ma non campioni".
L’Olimpiade è soprattutto, ma non solo atletica. Ci sono storicamente nazioni leader, per esempio nel fondo e mezzo fondo. A cosa è dovuta la predominanza degli atleti di origine africana?
"È una domanda che appassiona i ricercatori da decenni e che ad oggi non ha una risposta univoca. E’ un mix di fattori genetici ambientali e sociali che li rende capaci di prestazioni più elevate nelle gare di corsa. Dai 100 mt alla maratona vedremo quasi solo atleti dalla pelle scura in finale. Questo è tuttavia anche un effetto di alcuni specifici progetti, per esempio IAAF e FIFA, che hanno permesso a moltissimi giovani atleti africani di poter sviluppare a pieno il loro talento portando le proprie nazioni ad essere una vera minaccia per gli stati che vantavano una grande tradizione nell’atletica leggera".
Da esperto e appassionato, vuole fare qualche pronostico sulle medaglie azzurre?
"E’ una domanda mi sono fatto spesso sia con alcuni colleghi con cui siamo stati coinvolti dal Coni per alcune valutazioni dei livelli di perfomance internazionale nelle varie discipline. Ci sono alcuni sport, purtroppo pochi, in cui ci sentiamo forti e quasi sicuri (lo scherma per esempio che già nel primo giorno di giochi ci ha regalato un podio femminile tutto italiano) e altri nei quali siamo fiduciosi e pronti a cogliere le occasioni nelle singole gare , come il ciclismo. Nella maggior parte dei casi, comunque, dobbiamo per forza concludere che non esiste la possibilità ragionevole di previsione, si va in gara e si giocano le possibilità di medaglia come quelle del 4° o 5° posto. In definitiva credo che riusciremo a stare vicini al numero di medaglie conquistate a Pechino, ma non a superarlo".