In occasione di Nordest night, la notte europea della ricerca, abbiamo intervistato Maria Teresa Scupoli, responsabile del centro di ricerca interdipartimentale Lurm.
Dottoressa Scupoli, Come nasce una scoperta scientifica? E qual è il ruolo della creatività nella fenomenologia di una scoperta scientifica?
Il primo passo verso una scoperta scientifica è la formulazione di un’ipotesi, ipotesi che può permetterci di comprendere un dato fenomeno naturale. La formulazione di un’ipotesi comprende un’intuizione scientifica che crea una connessione originale e insolita di concetti esistenti, che vengono riorganizzati in modo nuovo. Il vero lavoro della persona di scienza è intuire gli elementi fondamentali e le connessioni, fra i molteplici possibili, e sintetizzarli in un’ipotesi. L’intuizione scientifica può nascere spesso in domini della mente che non appartengono alla razionalità ma più alla sfera creativa: questo è ormai è comunemente accettato e non ci meraviglia che abbia trovato spazio nei dibattiti tra esperti di filosofia della scienza, da Poincaré a Popper.
Il secondo passo è la fase sperimentale: mira alla validazione dell’ipotesi formulata attraverso l’esperimento. Si procede con un gran numero di esperimenti, applicando metodologie rigorose e ben codificate, in maniera tale che i risultati acquisiti siano attendibili e i dati trasparenti, facilmente verificabili e condivisibili. I dati raccolti vengono elaborati e, se convalidano l’ipotesi di partenza, permettono allo scienziato di formulare una teoria scientifica che ha lo scopo di estendere, o talvolta soppiantare, una vasta conoscenza teorica, tecnica e sperimentale.
Una scoperta scientifica è quindi frutto di un processo di sintesi di dati fenomenologici: i dati sono ordinati e interconnessi tra loro e le reciproche interazioni sono racchiuse in una teoria. In questo processo la persona di scienza non fa solamente proliferare dai dati altri dati, da ipotesi altre ipotesi, ma chiude un cerchio.
Vi sono almeno due momenti di creatività nella generazione di una scoperta scientifica: l’intuizione iniziale e l’elaborazione della teoria.
A differenza della creatività artistica che apparentemente non ha limiti, nel processo creativo scientifico i contributi dell’immaginazione devono passare attraverso la verifica critica e rigorosa del metodo scientifico.
Quale percorso una scoperta scientifica segue per divenire patrimonio culturale comune? Quali filtri incontra?
Uno studio scientifico, una volta completato, deve necessariamente essere pubblicato su una rivista scientifica, altrimenti è come se non fosse mai stato svolto. Le riviste scientifiche hanno delle regole rigorose: il lavoro, prima di essere pubblicato sarà sottoposto al giudizio di due o più pari, i referees, scelti tra i massimi esperti della materia dal direttore della rivista, nel più assoluto anonimato e senza sapere l’uno dell’altro. È inutile dire a questo punto, che solo pochi lavori, tra quelli sottoposti, vengono poi accettati per la pubblicazione.
Le riviste scientifiche non sono tutte uguali: alcune sono più prestigiose di altre e la graduatoria delle riviste è redatta, con grande rigore metodologico, in base ad un punteggio chiamato impact factor. In poche parole, il valore numerico dell’impact factor rappresenta letteralmente quanto impatto ha quella determinata rivista sull’opinione pubblica scientifica: più quella rivista è citata da altre riviste scientifiche, maggiore è la sua influenza sulla comunità degli studiosi ovvero il suo impact factor.
Uno strumento di immenso valore in termini di condivisione del sapere scientifico è dato da Internet. Grazie ad esso è possibile recuperare il riassunto, a volte l’intero contenuto, di tutti i lavori scientifici pubblicati dalle riviste dotate di impact factor. Esistono importanti motori di ricerca ad accesso gratuito che consentono di sapere tutto quello che è stato pubblicato sull’argomento. È anche possibile conoscere in pochi secondi la quantità è la qualità della produzione scientifica di ogni ricercatore nel mondo.
La tappa finale del processo di condivisione della scoperta scientifica è la divulgazione attraverso i mass media: naturalmente questa fase riguarda solo quelle scoperte scientifiche che hanno un forte impatto sull’opinione pubblica, ad esempio sulla salute. In questo caso, il fatto di poter disporre liberamente di una pubblicazione scientifica non la rende comprensibile al profano della materia, visto il linguaggio specialistico utilizzato e la lingua inglese. Occorre quindi colmare questo vuoto che divide l’evidenza scientifica dal grande pubblico dei non addetti ai lavori. Questo importantissimo e delicatissimo compito viene svolto dai divulgatori scientifici, che sono poi i professionisti dei mezzi di comunicazione di massa.
Sono loro che scrivono articoli sui giornali che ci parleranno dell’ultima scoperta scientifica, ci metteranno in guardia su un nuovo pericolo per la salute o per l’ambiente, o ci porranno dubbi (legittimi o meno) su quanto sia etico costruire centrali nucleari o fare ricerca sulle cellule staminali. Saranno sempre loro poi ad assumersi la responsabilità di scegliere questo o quell’esperto da intervistare sulle pagine del loro giornale o da invitare ad una tavola rotonda nella loro trasmissione televisiva. Si tratta di una responsabilità enorme, una responsabilità che si sviluppa sia sul piano culturale sia su quello etico.