Che Europa vogliamo e come possiamo cambiarla? Sono solo alcuni dei temi affrontati durante il sesto incontro "Valori e conflitti del vivere civile" tenutosi lunedì 25 novembre all'università . La necessità di occuparsi di politiche europee, oltre a quelle nazionali, diventa sempre più stringente, dato il ruolo decisivo che ha avuto la Banca Centrale Europea nell'influenzare le scelte economiche degli stati negli ultimi anni. A discuterne sono stati Mauro Magatti, professore di sociologia generale all'università Cattolica di Milano, e Federico Brunelli, membro della direzione nazionale del movimento federalista europeo. Gli interventi dei relatori sono stati coordinati da Donata Gottardi, direttrice del dipartimento di Scienze giuridiche dell'ateneo.
Tra i relatori doveva essere presente anche Gianni Pittella, vice presidente vicario del parlamento europeo, il quale però è stato trattenuto a causa di un impegno politico legato alla sua candidatura alla segreteria del Partito Democratico. L'onorevole Pittella, tuttavia, ha mandato un videomessaggio in cui ha riassunto quello che sarebbe stato il suo intervento. «L'Unione europea si è allontanata dalla missione della civilizzazione, dei cittadini, della coesione e della solidarietà. Serve un progetto che rimetta al centro l'uomo e non cifre finanziarie, un progetto di rigenerazione economica che liberi investimenti di cui c'è bisogno». Un ruolo decisivo in questo progetto lo avranno proprio i giovani, già proiettati verso una dimensione transnazionale attraverso progetti come l'Erasmus.
Meno ottimista è stato Mauro Magatti che ha sottolineato il momento delicato dell'Europa, la quale rischia ad oggi più la frattura che l'unità. «L'errore – ha sostenuto il noto sociologo ed economista – è pensare che l'Europa debba essere strutturata come uno stato nazionale, ma più in grande. In realtà, la strada da percorrere è quella di uno spazio politico europeo realmente integrato, senza dover necessariamente eliminare i singoli stati». Le forti spinte politiche antieuropeistiche e la sfiducia verso Bruxelles sono, secondo Magatti, il frutto dell'austerity e della tecnocrazia imposta dalla Bce che rafforza la posizione di alcuni stati come la Germania. Il rischio più grande, perciò, è una sempre maggior germanizzazione dell'Europa.
Federico Brunelli, membro del movimento federalista europeo, ha individuato la causa della sfiducia verso le istituzioni europee nella mancanza di una democrazia europea. «I cittadini sentono l'Unione europea distante, un organismo le cui decisioni sono indipendenti dalla volontà popolare. Un primo rimedio a ciò, per esempio, potrebbe essere l'elezione diretta del presidente della commissione europea. Dando la possibilità a tutti di essere partecipi di ciò che succede al di là dei confini italiani, l'immagine dell'Ue ne uscirebbe rivalutata».