Un pubblico attento, partecipe ed emozionato il 28 gennaio, nell'aula magna del Polo Zanotto, ha accolto Esther Béjarano, musicista che alla soglia dei 90 anni dedica la sua vita alla stessa arte – la musica - che poco più che adolescente fu costretta a coltivare nel campo di concentramento di Auschwitz, obbligata a suonare nell’orchestra femminile. La voce di Esther e la sua musica si sono diffuse dal palco del Polo Zanotto travolgendo il numeroso pubblico presente con il concerto “La ragazza con la fisarmonica”. L’evento è stato l’occasione per ripercorrere uno dei più grandi genocidi della storia dell’umanità attraverso musica, immagini e conversazioni con chi ha subito questo dramma. Il concerto è stato organizzato dal dipartimento Tempo, spazio, immagine, società con il contributo di tutti gli altri dipartimenti dell’università di Verona.
“Esther Béjarano – spiega Gian Paolo Romagnani, direttore del dipartimento Tesis dell’ateneo scaligero – è una delle poche reduci di Auschwitz ancora in vita. Una donna di straordinaria energia e vitalità che ha saputo attraversare il Novecento a testa alta senza mai rinunciare ad esprimere il proprio pensiero, anche controcorrente. Dalla deportazione subita nella Germania di Hitler, alla partecipazione alla costruzione dello Stato di Israele nel dopoguerra, dal quale si è allontanata nel 1960 in opposizione alla politica militarista e antipalestinese dei governi; fino al ritorno in Germania e alla sua partecipazione ai movimenti di lotta contro il razzismo e la xenofobia, sempre Ester Béjarano ha alzato la voce contro le ingiustizie. In un clima di crescente xenofobia e razzismo come quello che sta montando anche in Italia, la testimonianza di Esther è stata un’importante occasione di riflessione, un evento di grande impatto”.
La ragazza con la fisarmonica. Protagonista assoluta della serata, Esther Béjarano ha proposto un repertorio fatto di canti e musica della Resistenza e della Deportazione in yiddish, romanes e russo visti come espressione di lotta e testimonianza per rinnovare il terribile ricordo dell’olocausto. Esther Béjarano è stata accompagnata dal figlio Joram al basso e da Gianni Coscia alla fisarmonica. Il titolo dello spettacolo prende spunto dal libro di memorie dell’artista curato da Antonella Romeo (Edizione SEB27, 2013). Ad aprire il concerto è stato il film documentario Esther che suonava la fisarmonica nell’orchestra di Auschwitz che riporta l’intervista con l’autrice, sequenze dai suoi concerti, oltre che foto e filmati presi dall’archivio privato dell’autrice e da altri archivi storici. Spazio, quindi, al dialogo condotto dalla curatrice del libro per conoscere meglio la storia dell’artista tedesca, l’esperienza del lager, il ruolo dell’orchestra nel campo di concentramento, il suo rapporto con la musica oggi, occasione per rammentare al pubblico il passato, ma anche le urgenze del presente.
Esther Béjarano nasce il 15 dicembre 1924, nella Saarland, in Germania, da una famiglia di musicisti di origine ebraica. Viene deportata nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1943, dove riesce a entrare nell’orchestra del lager, come fisarmonicista e poi come flautista e chitarrista. In seguito lavorerà forzatamente per un anno e mezzo nel Lager di Ravensbrück. Nel 1945 dopo la Liberazione emigra in Palestina, dove vive già una sorella. Nel 1960 decide di lasciare lo Stato di Israele e di tornare in Germania insieme al marito e ai due figli. Agli inizi degli anni Ottanta suona fra gli altri con il gruppo Coincidence, fondato dalla figlia Edna. Dal 2009 canta anche insieme al gruppo rap hip-hop Microphone Mafìa, composto dal figlio Joram e dai rappers Kutlu Yurtseven e Rosario Pennino, figli di immigrati turchi e italiani.
Gianni Coscia, nato ad Alessandria, è conosciuto in tutto il mondo come “jazz accordionist”. Nel 1993 ha collaborato con Luciano Berio alla scrittura della musica per uno spettacolo contro l’antisemitismo. Ha inciso numerosi album e cd, i più recenti sono la trilogia in duo insieme al clarinettista Gianluigi Trovesi: un omaggio alla musica di Offenbach (2011) e di Weill (2005) e il cd In cerca di cibo (2000), che riprende le musiche del compositore Fiorenzo Carpi, colonna sonora del Pinocchio di Comencini. Coscia insieme a Trovesi reinterpreta la musica classica, il jazz così come la musica popolare; come ne ha scritto Umberto Eco: «un modo di rendere popolare la musica colta e colta la musica popolare».
29.01.2014