Può descrivere in sintesi il cuore del suo progetto di ricerca?
Il mio progetto di ricerca riguarda lo studio delle proprietà antiangiogeniche di peptidi derivati dal pomodoro. Analisi condotte dal nostro gruppo di ricerca a Verona hanno dimostrato che questi composti sono in grado di inibire “in vitro” l’angiogenesi, cioè la capacità delle cellule endoteliali di formare vasi sanguigni. Questo processo è fondamentale non solo nella fisiologia umana, ma anche in alcune condizioni patologiche, come la progressione tumorale o l’infiammazione. Per questo motivo, composti ad attività antiangiogenica sono di potenziale interesse a fini terapeutici. Abbiamo intrapreso una collaborazione con la Harvard Medical School di Boston, grazie ad un finanziamento CoperInt, per valutare “in vivo” nell’innovativo modello animale “zebrafish” l’attività biologica di composti antiangiogenici. Date le piccole dimensioni del pesce zebra, lo sviluppo del suo sistema vascolare può essere agevolmente seguito attraverso indagine microscopica. I risultati ottenibili mediante questo modello sperimentale sono considerati altamente informativi su quanto può accadere nell’apparato cardiovascolare umano.
Può raccontare la sua esperienza di vita e di ricerca all’estero?
Per quanto riguarda la mia vita a Boston, posso dire che ho subito avuto modo di vedere l’efficienza americana ed il grande senso della cosa pubblica che si avverte ovunque. La città è molto vivibile, chiaramente esistono tutte le difficoltà di vivere in un altro paese: confrontarsi con una lingua e uno slang che non sono i miei è certamente lo scoglio maggiore. Inoltre arrivando in pieno periodo invernale, per una persona abituata alle temperature delle nostre latitudini è stato un po’ uno shock: tormente di neve e -20 gradi sotto lo zero. Dal punto di vista scientifico, la mia attività di ricerca ad Harvard ritengo sia stata un’esperienza dal valore inestimabile che ha valorizzato al meglio il mio potenziale professionale. Harvard, infatti, rappresenta la “mecca” della ricerca scientifica mondiale.
Quali opportunità le ha offerto tale esperienza?
La motivazione che mi ha spinto a intraprendere questa esperienza è stato principalmente l’aspetto scientifico. Ero, inoltre, curioso di vedere realtà diverse dal nostro ateneo. Sicuramente ho avuto la possibilità di far crescere il mio background di conoscenze scientifiche e di confrontarmi con un ambiente di ricerca altamente stimolante e produttivo che mi ha dato modo di valutare le mie capacità. Questa opportunità, poi, mi ha permesso di approfondire alcuni aspetti del mio progetto di dottorato, apportando un contributo significativo alla ricerca del nostro gruppo
Perché secondo lei è importante che i nostri ricercatori facciano esperienza in altre realtà straniere?
Fare esperienza all’estero arricchisce sia professionalmente che culturalmente, oltre ad aiutare a capire i propri limiti e le proprie capacità. Per un ricercatore è quasi d’obbligo fare un’esperienza all’estero. La ricerca è fatta di continui scambi di idee e opinioni, per cui vale veramente la pena sfruttare ogni occasione di finanziamento per operare in realtà diverse.
Quale messaggio vuole mandare alla comunità affinché sostenga la ricerca dell’Università di Verona attraverso il 5 per mille?
Finanziare la ricerca scientifica e la conoscenza in generale è sicuramente un’ottima scelta. Viviamo in un periodo di crisi produttiva che dipende proprio dalla scarsa innovazione, in cui gli investimenti devono essere attentamente vagliati. Credo che mai come ora investire a sostegno della ricerca sia sicuramente un investimento a lungo termine che apporti benefici a servizio di tutto il paese.
13.05.2014