Letterato, filosofo, giurista, economista. Una carriera sfaccettata, quella di Cesare Beccaria, esponente di spicco dell’Illuminismo italiano e autore del testo più noto del periodo “Dei delitti e delle pene”. Quest’anno quello scritto compie 250 anni e sarà il tema centrale del convegno che si terrà il 23 e il 24 ottobre nell’aula magna di Giurisprudenza. L’evento, organizzato da Lorenzo Picotti, Giovanni Rossi e Francesca Zanuso, docenti del dipartimento di Scienze Giuridiche , nasce per approfondire la conoscenza di un’opera che ha cambiato la cultura giuridica sin dalla prima edizione del 1764. Il saggio, infatti, pubblicato in forma anonima per scongiurare la censura, fu scritto al fine di mettere in luce le enormi falle nella struttura legislativa penale del tempo.
Una rivoluzione giuridica. “Beccaria smascherò un sistema repressivo fondato sulla pena di morte e su pene atroci, sovente senza alcuna proporzione tra la gravità del crimine e quella della pena. – afferma Rossi – Un apparato giudiziario che non mirava al recupero del delinquente, ma soltanto ad atterrire e, per tale via, dissuadere dal crimine”. Torture per estorcere confessioni, discriminazioni basate sul ceto e colpevolezza fino a prova contraria erano solo alcuni dei principi che Beccaria contestò con asprezza, facendo breccia nelle coscienze delle società europee dell’epoca, che si convinsero della necessità di riformare un sistema penale arcaico e disumano.
Un capolavoro senza tempo. Dopo soli due anni dalla pubblicazione, nel 1766, il libriccino venne messo all’Indice dei libri proibiti da parte della Chiesa Cattolica; nonostante ciò, l’opera conobbe un’enorme fortuna in Europa e nel mondo, influenzando personaggi come il filosofo francese Voltaire e il presidente americano Thomas Jefferson. A questo proposito, l’intervento di John Bessler, docente alla University of Baltimore, tratterà proprio dell’impatto che Beccaria ha avuto sui padri fondatori della costituzione statunitense. Il convegno proporrà inoltre uno spazio per il dibattito, per stimolare il dialogo “affinché – aggiunge Rossi – si torni a riflettere sui principi di civiltà, messi periodicamente in discussione, che costituiscono una cultura giuridica e civile più consapevole”.
Ascolta l'intervista realizzata dalla redazione di FuoriAulaNetwork a Giovanni Rossi, docente di Storia del diritto medievale e moderno del dipartimento di Scienze giuridiche.
17/10/2014